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John Locke


Prima di tutto Locke dice che l'oggetto della nostra conoscenze sono le idee (intendendo per idea qualsiasi cosa che è l'oggetto dell'intelletto umano quando pensa). Le idee però derivano esclusivamente dall'esperienza, cioè non sono il frutto di una spontaneità creatrice dell'intelletto umano, ma piuttosto della sua passività di fronte alla realtà. E poiché per l'uomo la realtà o è realtà esterna (le cose naturali) o realtà interna (il suo spirito), così le idee possono derivare dall'una o dall'altra di queste realtà e si chiameranno idee di sensazione (es: caldo, duro, amaro  --> in generale tutte le qualità che attribuiamo alle cose) se derivano dal senso esterno e idee di riflessione (percezione, pensiero, dubbio  --> tutte le operazioni del nostro spirito) se derivano dal senso interno. Nel ricevere le idee lo spirito é puramente passivo, diventa attivo nel riunire e organizzare in vario modo le idee semplici --> questa attività dà luogo a idee complesse  --> le idee complesse si riconducono a 3 categorie principali: modi, sostanze, relazioni.

È importante la critica che fa Locke all'idea di sostanza: considerando che varie idee semplici sono spesso unite fra loro (a formare per esempio un tavolo), la nostra mente è portata inavvertitamente a considerarle come un'unica idea semplice, e poiché non arriva a immaginare come un'idea semplice possa sussistere di per sé, si abitua a supporre un qualche substratum (sostanza) che ne sia la base. Tuttavia noi non facciamo mai esperienza di tale substratum, che è dunque qualcosa di inconoscibile sotto il variare delle cose. E ciò vale sia per la sostanza corporea che per quella spirituale (critica a Cartesio).

Per quanto riguarda le relazioni, il nostro intelletto non si limita alla considerazione di una cosa nel suo isolamento, ma procede sempre al di là di essa per riconoscere i rapporti con cui essa sta con le altre. Le relazioni fondamentali sono: causa ed effetto, identità e diversità.

A proposito di identità (che è un tipo di relazione, cioè le idee che nascono dal mettere a confronto due o più idee e nell'istituire fra esse un rapporto) Locke dice che deriva dalla percezione che le idee attribuite a una cosa in un tempo e luogo non sono cambiate, anche se la cosa si trova in un altro tempo e luogo.

Poiché Locke ha criticato l'idea di sostanza, l'identità non può certo fondarsi sull'idea di sostanza. Ma dunque che cosa garantisce l'identità personale? Prima di tutto si deve dire in cosa consiste l'identità di un uomo: è una certa organizzazione della materia, che sopravvive al ricambio delle particelle, che continuamente si associano e si allontanano dal corpo. Solo questa può essere considerata l'identità di un uomo, e non invece l'anima, poiché questa teoria concorderebbe con quella dei filosofi (principalmente Platone) che ammettono la trasmigrazione delle anime, secondo cui un anima può andare in qualsiasi corpo, ma dunque un'anima può andare nel corpo sia di un maiale sia di Eliogabalo, ma con questo non si potrà certo dire che il maiale ed Eliogabalo sono la stessa persona e hanno la stessa identità.

Una volta chiarito questo punto Locke affronta un altro problema: per poter dire in che modo sia mantenuta l'identità di un uomo, prima di tutto si dovrà definire anche che cosa è un uomo. L'uomo, secondo la definizione tradizionale (aristotelica) è un animale razionale. Ma Locke non si trova d'accordo con questa definizione. Infatti quando parliamo di un uomo, non dobbiamo riferirci solo alle sue qualità mentali (“l'essere razionale”), ma si deve dire che è un animale che ha una certa forma corporea. E infatti anche un uomo molto stupido che non ha maggiore ragione di un asino o di un pappagallo, verrà comunque chiamato uomo (seppure un uomo stupido e irrazionale), così come un pappagallo particolarmente versato nel linguaggio e che sia anche capace di filosofeggiare, verrà comunque chiamato pappagallo (seppure intelligentissimo e razionalissimo). Dunque non è l'idea di essere pensante e razionale che costituisce l'idea di uomo, bensì un corpo con una determinata forma, associato a quelle caratteristiche (cioè di essere pensante). Costruita l'idea di uomo, si deve capire che cosa é l'identità personale. E qui Locke introduce la distinzione tra persona e uomo. L'uomo è ciò che è stato detto finora (cioè un corpo con una determinata forma), mentre la persona è un essere intelligente e pensante, che possiede ragione e riflessione e che può considerare se stesso, cioè la stessa cosa pensante che egli è, in diversi tempi e luoghi. Infatti quando noi odoriamo, udiamo, vediamo, noi ci accorgiamo di farlo, ne siamo consapevoli. È dunque questo l'elemento fondamentale, cioè la capacità della coscienza di poter consapevolmente ritrovare nel passato se stessa che percepisce. E l'identità personale giunge fino a dove possiamo portare questa consapevolezza nel passato. E dato che è consapevolezza di sé questa coscienza diventa autocoscienza, ed è proprio questa autocoscienza a garantire l'identità personale.

Locke qui introduce due quesiti fondamentali:

1) Se la stessa sostanza che pensa viene cambiata potrà parlarsi di una stessa persona?
2) Se la sostanza pensante rimane la medesima, potrà essere diverse persone?

1) si può rispondere al quesito se si risponde a quest'altra domanda: può la consapevolezza delle azioni passate passare da una sostanza pensante a un'altra? Se la consapevolezza consistesse nell'azione stessa allora ciò non potrebbe accadere, ma dal momento che la consapevolezza è in realtà la rappresentazione presente di un'azione passata, può anche essere che venga rappresentato nella mente ciò che in realtà non é mai accaduto, come ad esempio succede nei sogni (richiamo a Cartesio), in cui vi sono rappresentazioni prive di qualsiasi realtà, che però noi prendiamo come vere fino a che non ci svegliamo. Fino a che non si avranno maggiori certezze riguardo a questo problema complesso e riguardo alla natura delle sostanze pensanti, Locke risolve la questione in modo analogo a Cartesio, dicendo che la certezza che questo non accada deve essere attribuita alla bontà di Dio, il quale, essendo perfettissimo e infinitamente buono, non permetterebbe mai che la consapevolezza di un fatale errore di un uomo venga trasferita a un altro uomo, consapevolezza che porta con sé anche la ricompensa e la punizione, la felicità o infelicità legata a quell'azione.

2) per rispondere alla seconda domanda Locke chiama in causa la teoria della metempsicosi di stampo pitagorico e platonico. Infatti dice che il quesito si fonda su questo: se può succedere che il medesimo essere immateriale (anima), internamente consapevole delle sue azioni anteriori, possa essere privato di questa consapevolezza della propria esistenza passata e non la possa più recuperare, e possa acquisire così una consapevolezza che non può spingersi al di là di questo nuovo stato, quasi cominciasse un nuovo racconto in una nuovo tempo. Tutti coloro che sostengono la preesistenza (tra cui Platone) ovviamente la pensano così, perché ritengono che nell'anima non rimanga alcuna coscienza di ciò che ha fatto nella vita precedente, e se non lo ammettessero ovviamente l'esperienza darebbe una evidente prova contraria. Però, dato che l'identità personale arriva solo fino a dove arriva la consapevolezza, è chiaro che uno spirito preesistente deve necessariamente costituire una persona differente. Supponiamo che un pitagorico o un platonico o un cristiano, dato che Dio ha finito di creare il mondo il settimo giorno, pensino di esistere da allora e pensino che da allora la loro anima ha continuamente cambiato corpi. Ad esempio lo stesso Locke conosceva una persona che era convinta di essere stato l'anima di Socrate (uomo che era considerato peraltro razionalissimo). Ma anche essendo convinto di ciò, se non ha consapevolezza delle azioni e dei pensieri di Socrate, lui e Socrate sono 2 persone diverse (anche volendo ammettere che la sua anima è stata nel corpo di Socrate). Dunque si può concludere che la stessa sostanza immateriale (cioè l'anima) senza però la stessa consapevolezza, non fa la stessa persona.

[IN SINTESI:
SOSTANZA PENSANTE (immateriale) --> è l'anima e non dà l'identità personale, perché se si dà conto a coloro che sostengono la trasmigrazione delle anime, la stessa anima può andare in corpo diversi, dunque una stessa anima potrebbe andare prima in un maiale e poi in Eliogabalo, però ovviamente non si dirà che il maiale ed Eliogabalo hanno la stessa identità (poi Locke spiega meglio questa questione, vedi paragrafo sopra)
UOMO --> essere pensante (razionale) con un determinato corpo, ma anche questo non dà l'identità personale
PERSONA --> è dotata di consapevolezza ed è questa che conferisce l'identità personale (è coscienza di sè, dunque autocoscienza)]

Inoltre non solo la consapevolezza è fondamentale, ma anche il corpo ricopre una certa importanza, dal momento che se l'anima di un principe, con tutta la consapevolezza della vita passata da principe, entrasse nel corpo di un ciabattino, nessuno direbbe che quel ciabattino è in realtà un principe. Come si è detto prima il corpo è fondamentale a formare l'uomo, e in questo caso anche a formare la persona, in quanto, sebbene agli occhi del ciabattino egli sia un principe, agli occhi di tutti rimane sempre un ciabattino.

Comunque è pur sempre la coscienza, e non il corpo, che unisce esistenze molto lontane tra loro nel tempo per formare la persona --> se io avessi la consapevolezza di aver visto l'arca di Noè, di aver visto una inondazione del Tamigi e di stare ora scrivendo, non si potrebbe dubitare che quello che ora scrive è la stessa persona che ha visto l'inondazione del Tamigi e ha visto il diluvio universale.

Dunque a questo punto Locke può definire l'Io come sostanza pensante e consapevole (indipendentemente dalla sostanza di cui è fatta, immateriale o materiale, semplice o complessa), che è sensibile al piacere e al dolore, capace di felicità o infelicità e fino a che giunge quella consapevolezza, l'Io si preoccupa di sé stesso. Così fino a che il mignolo rimane incluso in questa coscienza, fa parte della persona, non meno di altre parti più importanti del corpo. Però se dalla persona viene rimosso il mignolo e la consapevolezza di tutto il corpo se ne andasse con il dito, è evidente che il mignolo continuerebbe ad essere quella stessa persona che era prima, quando era ancora attaccato al corpo, e non si preoccuperebbe più in alcun modo del resto del corpo. E se il corpo stesso, dopo la separazione, continua a vivere e acquisisce una nuova coscienza particolare, della quale il mignolo non sa niente, non si preoccuperebbe più di quel mignolo e non potrebbe riconoscere come propria nessuna delle sue azioni, né lasciarsela imputare. Ed é in questa concezione di identità personale che ha fondamento tutto il diritto e la giustizia del premio e della punizione, poiché la felicità e l'infelicità sono le cose di cui ognuno si preoccupa per se stesso, senza importarsi della felicità o infelicità di qualunque altra sostanza che non sia unita a quella coscienza (ad esempio il corpo che non si preoccuperebbe più del mignolo).

Quindi Locke ribadisce ancora una volta che l'identità non coincide con l'identità della sostanza, ma con l'identità della coscienza. Così se Socrate e il sindaco di Queenborough condividono la stessa identità della coscienza allora essi sono la stessa persona, invece se lo stesso Socrate (la stessa sostanza) ha due coscienze diverse nella veglia e nel sonno, allora sarà due persone diverse. E punire Socrate sveglio di ciò che ha fatto Socrate addormentato, senza che Socrate sveglio ne abbia la consapevolezza, non sarebbe più giusto che punire un fratello gemello di ciò che ha fatto l'altro a sua insaputa, solo perché l'aspetto esteriore dei 2 è identico (anche in Socrate l'aspetto esteriore, cioè la sostanza, è lo stesso, ciò che cambia è la consapevolezza, dunque la persona). Però si potrebbe allora obbiettare: se io perdo la memoria di alcune parti della mia vita, senza possibilità di recuperarla, cosicché io forse non ne sarò mai più consapevole, non sono forse la stessa persona che commise quelle azioni ed ebbe quei pensieri di cui un tempo fui consapevole, sebbene ora li abbia dimenticati? In questo caso si può dire che è lo stesso uomo (stessa cosa pensante con lo stesso corpo), però è lo stesso uomo con 2 coscienza distinte e incomunicabili in tempi diversi, dunque in tempi diversi è 2 persone diverse. E ciò viene riconosciuto anche dalla legge, che non punisce il savio per le azioni commesse dal pazzo e viceversa (e viene anche indicato nella lingua comune, in cui una persona pazza è definita come fuori di sé, oppure si dice ‘non è più lui').

Però lo stesso problema potrebbe essere sollevato per un uomo ebbro, che non è la stessa persona dell'uomo sobrio. E tuttavia l'uomo sobrio viene punito per ciò che ha commesso quando era ebbro, sebbene in seguito non ne ha abbia consapevolezza. E anche una persona che cammina nel sonno, deve rispondere delle malefatte compiute in quello stato, sebbene non se le ricordi quando si sveglia. Ma è anche vero che le leggi umane puniscono entrambi con una giustizia corrispondente al grado di conoscenza che esse (le leggi) possono avere, dal momento che in questi casi non possono distinguere con certezza ciò che è reale da ciò che è simulato e perciò non si ammette come scusante l'ignoranza del soggetto nell'ubriachezza o nel sonno. Comunque Locke dice che nel giorno in cui verranno messi allo scoperto tutti i cuori (il giudizio universale), nessuno dovrà rispondere di ciò di cui non è consapevole e che gli è del tutto sconosciuto, e dunque riceverà ciò che gli è dovuto, e sarà la sua coscienza a scusarlo o accusarlo.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA di Mariasole Genovesi
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