Flavio De Bernardis : "Il falò delle verità"
Nel suo Il falò delle verità, l’attenzione è posta sul rapporto tra la critica e le conseguenze di considerare il film come operazione(opera-azione).
Si può essere metacritici almeno in due sensi:
- metacritica come critica e studio del metacinema, come Bruno
- metacritica come critica della critica, conseguenza del cesto teorico di modellizzare il film secondo il paradigma del testo-film-operazione. La critica, se cerca il Testo, trova se stessa e il suo Mito. Tutto ciò è perfettamente evidente nelle arti concettuali, come ad esempio Il grande vetro di Duchamp, che è sia pittura della critica che critica della pittura.
De Bernardis prova ad elaborare un tipo di ricognizione teorica che si fermi al di qua del testo, che non cerchi di definire l’emergere delle singole unità testuali dall’universo indifferenziato della langue-cinema, ma che si interroghi sui movimenti istituzionali di tutto l’archivio audiovisivo.
Egli individua nello stacco la funzione enunciativa del linguaggio audiovisivo.
Lo stacco in tv è uno stacco flusso, lo stacco del flusso-blob.
Lo stacco-cinema invece ha la funzione di permettere al cinema stesso di negare ogni affinità con l’enunciato televisivo.
Lo stacco-tv amalgama e accorpa, lo stacco-cinema tende a separare e a distinguere
Nel numero successivo della rivista, Bruno riassume i termini di un dibattito protrattosi per due anni con un lungo intervento in due parti.
Nella prima, La commedia degli equivoci, sintetizza le obiezioni mosse al suo metodo interpretativo e ribadisce i principi cardine: così come ogni opera narrativa è autoriflessivamente una metafora della lettura, ogni film è una metafora della visione; il film è una riflessione concettuale sull’ipnosi e sull’inganno. Il critico deve semplicemente ratificare l’esistente e non tentare di imporre i propri gusti allo svolgimento del film, come vorrebbe lo spettatore anarchico di Canova.
Il rifiuto del principio di non evidenza: sia l’impressionista che il paladino del Metodo, per cui il film è ciò che è e l’intertesto è l’invenzione castrante di qualche impotente, si lasciano ipnotizzare dai propri transfert difendendoli rigorosamente come modelli della cosa in sé.
Sottospecie dell’analista metodologico sono:
- gli stupratori comunisti: troppo impegnati a rispettare le norme di un sistema di pensiero eccessivamente rigido, scivola dalla condizione di contenutista gramsciano a quella di anarchico impressionista.
- gli stupratori semiotici: che praticano quasi la necrofilia nel loro cadaverizzare il film e farlo a pezzettini.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Nicola Giuseppe Scelsi
[Visita la sua tesi: "A - Menic / Cinema. Da Dada al Progetto Cronenberg"]
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Storia e metodologia della critica cinematografica
- Docente: Franco La Polla
- Titolo del libro: Il linguaggio della critica cinematografica
- Autore del libro: Claudio Bisoni
- Editore: Revolver Libri
- Anno pubblicazione: 2003
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