Le opere minori di Publio Virgilio Marone
Aetna e Catalepton : Aetna (Etna). Composto da 646 versi, d'argomento scientifico. Concerne i fenomeni vulcanici e segue lo schema di poesia filosofica, che era di moda nell'alto impero.
Catalepton (Alla spicciolata). Il Cataleptòn è, come dice il nome ("alla spicciolata" o "scelta spicciola"), un "contenitore" di piccoli testi. Il titolo è attestato già nella poesia greca di età alessandrina. I quindici componimenti della raccolta sono di origine diversa, oltre che di vario tema e metro, alcuni sono uniti solo dal fatto che si presentano esplicitamente come opere virgiliane. Fra questi carmi, un paio sono componimenti d'occasione che potrebbero veramente essere del giovane Virgilio, tuttavia, anche l'iniziativa di un falsario non è da escludersi. Si tratta in ogni caso di testi di modesto valore poetico.
Ciris e Copa: Ciris (Airone). Composto da 540 versi, è un poema mitologico che narra di una storia d'amore. Il Re di Megara, Niso, ha ricevuto un dono dagli dei: la sua città non sarebbe stata presa fino a che lui avrebbe portato in testa un capello d'oro, del quale nessuno, con l'eccezione della figlia Scilla, conosceva l'esistenza. Minosse attacca la città. Scilla, dall'alto delle mura, si innamora di lui. Riesce ad incontrarlo, e in un momento d'amore gli dice il segreto del padre. Minosse le ordina di strappare il capello al padre. Nottetempo, lei riesce nel suo compito e Minosse conquista la città. Il padre capisce di essere stato tradito dalla figlia, la quale era corsa incontro a Minosse. Tuttavia, l'uomo la ripudia poiché non si fidava di una persona capace di tradire il proprio padre e la propria città. Niso vorrebbe uccidere Scilla ma lei viene trasformata in un airone bianco dagli dei, mentre il padre diviene un'aquila nera.
Copa (Oste). Breve idillio di ispirazione campestre, 38 versi in distici. Descrive un'osteria sulla strada, dove il viandante si ferma a ristorarsi, allietato dalla presenza di una giovane ostessa.
Culex e Dirae : Culex (Zanzara). Il Culex è un epillio, concepito come una parodia, dell'epica più seria. L'attribuzione del carme a Virgilio giovane è assai antica e diffusa. L'epillio, era stato introdotto a Roma dai neoteroi, e fu ripreso sotto Tiberio e poi sotto Nerone. Composto da 414 versi, è prettamente alessandrino. Vi viene trattata la concezione dell'oltretomba e dell'immortalità, del bene e del male, che trasferiscono il lettore dal piano bucolico a quello filosofico. All'inizio troviamo un pastore addormentato all'ombra di un albero, che sta per essere ucciso da un serpente, proprio in quel momento una zanzara lo sveglia con la sua puntura. Il pastore si salva, ma la zanzara da lui schiacciata, gli compare in sogno. Gli descrive le sue pene di creatura insepolta, destinata a vagare nelle tenebre. Il pastore ne viene impietosito e le dona una onorata sepoltura.
Dirae (Maledizioni). Le Dirae o "imprecazioni" sono poesia "di invettiva", sul genere dell'Ibis ovidiana. Composta da 103 versi, questa tenue operetta in esametri sembra costituire una variazione sul tema delle confische dei campi che era popolare come soggetto letterario, a causa delle Bucoliche virgiliane. Alle Dirae i manoscritti fanno seguire un lamento d'amore pastorale, dedicato a una donna di nome Lydia, che è nominata anche nelle Dirae. I due componimenti sono accostabili per il loro sfondo bucolico. I due carmi composti non oltre l'età augustea, sono una prima testimonianza del filone bucolico post-virgiliano più tardi ripreso ai tempi di Nerone.
Epigrammata, Moretum e Priapea: Epigrammata (Epigrammi). Si tratta di 25 epigrammi tra i quali ricordiamo l'Elegia in Maecenatis obitu
Le Elegiae in Maecenatem sono un testo di notevole interesse storico-culturale, poiché rievocano la morte e la personalità del più influente consigliere politico e letterario di Augusto, Gaio Cilnio Mecenate. Divise in due parti: 144 versi la prima, 34 versi la seconda. Scritte dopo la morte del grande protettore di poeti. Nella prima viene difeso Mecenate dalle accuse rivoltegli di essere un manifesto epicureo, che indulgeva al vivere comodo e fastoso. Nella seconda Mecenate, sul punto di morire, riafferma la sua devozione alla casa regnante d'Augusto.
Moretum (Focaccia). Breve idillio di ispirazione campestre, 122 versi in esametri. Descrive la sveglia di un contadino all'alba. Appena alzato si prepara, aiutato dalla schiava, una colazione rustica a base di aglio, che mangia con appetito. Terminato il pasto, si reca al lavoro.
Priapea (Canti a Priapo). Tre componimenti rusticani, composti in onore del dio Priapo, custode degli orti, che viene presentato in atteggiamenti osceni.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Lingua e letteratura latina
- Docente: Giovanni Salanitro
- Titolo del libro: Imago Maiorum
- Autore del libro: Giovanni Salanitro
- Editore: CUECM
- Anno pubblicazione: 2010
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