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Plotino. Il filosofo e il sortilegio del mondo


Dal sortilegio del mondo al vero io: chi è il filosofo? Il filosofo rappresenta la convergenza di due modi di filosofare: quello tradizionale, legato all’attività dell’insegnamento, e quello che fa capo invece al ritorno in se stessi, alla riflessione personale, con una sorta di ritiro dal mondo. Per Plotino il problema è sottrarsi più che al mondo, al sortilegio del mondo. Nella biografia di Porfirio sta scritto: “Plotino era come uno che si vergogni di essere un corpo”. Ma questo non vuol dire disprezzo del corpo, poiché anche il corpo concepito nella sua unità con tutto l’esistente è bello. La vergogna nasce nel momento in cui si ha consapevolezza che il corpo preso singolarmente è schiavo del mondo in cui è immerso ed è in preda al suo sortilegio. Questa concezione deriva dal concetto di simpatia che Plotino riprende: la simpatia è quel legame che unisce tutti gli oggetti tra loro: nel momento in cui un corpo entra in relazione con qualcosa ad esso esterno ne subisce il sortilegio; solo quando sarà in stretta relazione con se stesso rimarrà indenne. Ogni agire è sempre anche subire e quindi essere implicati nella molteplicità di cose che ci stanno attorno. Solo chi esercita la teoria ossia la contemplazione, rimane uno e fa tutt’uno col proprio oggetto (ossia con se stesso).

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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