Caratteristiche del principio di tassatività della legge penale
Ha sempre funzione di garanzia per il cittadino (è un obbligo rivolto al giudice che è tenuto ad applicare in modo tassativo la norma, secondo quanto prescritto dal legislatore).
Il principio di tassatività vincola il giudice nel suo giudizio, nel senso che il fatto concreto può essere considerato reato solo se è ricondotto in uno dei casi espressamente previsti dalla legge. È quindi totalmente preclusa l’analogia nell’interpretare una norma penale.
Come invece accade per il diritto privato, secondo quanto stabilito dall’art. 12 delle preleggi.
È preclusa sia “l’analogia legis”, l’applicazione della norma a casi analoghi, sia “l’analogia iuris”, l’applicazione del principio generale dell’ordinamento giuridico a casi analoghi.
È inoltre preclusa sia l’analogia “in malam parte” (cioè l’applicazione di norme che prevedono sanzioni più gravose, perchè ciò sarebbe in contrasto con il principio di legalità), sia l’analogia “in bonam partem” (cioè l’applicazione di norme che prevedono sanzioni più favorevoli, oppure che escludono, attenuano o estinguono la responsabilità penale, la cui applicazione andrebbe comunque contro il principio di legalità ed introdurrebbe la possibilità di delegare al giudice trattamenti differenti in contrasto anche con il principio di uguaglianza).
Inoltre, è da considerare che l’analogia viene utilizzata dal giudice solo quando manchi una norma specifica per il caso concreto. Ma questo non è possibile in ambito penale, laddove l’utilizzo del principio di analogia andrebbe non a riempire un vuoto normativo, ma a produrre un sovvertimento in una disciplina che deve essere legalmente stabilita (riserva assoluta di legge in materia penale, come garanzia verso i cittadini di una quanto più possibile certezza del diritto, in considerazione del fatto che le sanzioni, sia per i delitti che per le contravvenzioni, sono comunque limitative del bene più grande di un individuo: la libertà personale).
I due principi di determinatezza e di tassatività vanno insieme, non possono prescindere l’uno dall’altro. L’art. 25.2 Cost. “Nessuno può essere punito se non in forza di una LEGGE che sia entrata in vigore PRIMA del FATTO commesso” è un monito chiaro al legislatore, contenente entrambi i principi.
Il primo è espresso, il secondo è implicito. Non avrebbe infatti senso obbligare il legislatore a descrivere chiaramente il reato, cioè la fattispecie astratta, se poi non fosse parimenti reso obbligatorio al giudice ricondurvi il fatto concretamente avvenuto, il quale, diversamente, potrebbe rendere elastica l’applicazione della norma, e quindi della pena, a suo arbitrio.
Purtroppo nelle norme penali non sempre è presente l’abbinamento dei due principi. Es. in materia di reati sessuali (1996), che sono stati spostati dai reati contro la moralità pubblica ai reati contro la persona. L’art. 609/bis presenta una insufficiente determinatezza del reato (es. il bacio è o non è un atto sessuale?). l’art. 564, incesto. È previsto come reato consensuale ed è reato solo se produce pubblico scandalo. Chi giudica il “pubblico scandalo”?
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Dettagli appunto:
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale
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