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Il divieto di analogia della legge penale in bonam e in malam partem

Il divieto di analogia della legge penale  in bonam e in malam partem


Dall’art. 25.2 Cost. è deducibile solo il divieto di analogia in malam parte, perché soltanto quest’ultima contrasta con le esigenze garantistiche del principio di legalità. Resta perciò aperto il problema concernente l’ammissibilità dell’analogia in bonam partem.

1_ C’è chi ritiene che il divieto di analogia sia giustificato in ragione dell'incertezza valutativa del procedimento analogico e dei suoi risultati applicativi, di tal che la sua utilizzazione da parte del giudice impedirebbe di individuare con precisione il limite tra lecito ed iflecito, conclude nel senso della più ampia portata del divieto.
Posto che all'individuazione del confine della responsabilità penale concorrono anche le norme favorevoli, ne viene che la loro applicazione analogica contribuirebbe a rendere incerto quel limite al pari dell'analogia delle norme sfavorevoli.

2_ Per contro, chi ritiene che il divieto di analogia risponda ad una esigenza di garanzia della libertà personale nei confronti del potere giudiziario, è portato a concludere che tale esigenza di garanzia è posta in pericolo dalla possibilità del giudice di applicare analogicamente le sole norme sfavorevoli, essendo evidente che l'estensione analogica di una norma di favore non pregiudica la libertà del soggetto.

3_ Muovendo dalla premessa che le norme di favore sottraggano determinate fattispecie all'area applicativa della norma incriminatrice alla quale accedono, ritiene che l'applicazione analogica delle norme favorevoli sia impossibile già per insussistenza della lacuna di disciplina.  In effetti, se per una determinata fattispecie particolare si pone un problema di estensione analogica ad es. di una scriminante, ciò significa che detta fattispecie è già prevista nell'area applicativa della norma incriminatrice.

PROBLEMATICHE SUL DIVIETO DI ANALOGIA


da un lato: l'analogia non trova limiti quando riguarda una disposizione extrapenale richiamata da una legge penale favorevole o anche sfavorevole, che effettui il richiamo alla disciplina giuridica così come esistente nel ramo di provenienza dell'ordinamento giuridico. Es. ammesso che sia possibile riconoscere analogicamente forme di esercizio di un determinato diritto, la scriminante di cui all'art. 51 c.p. (esercizio del diritto ed adempimento del dovere) sarà sicuramente estensibile a quella forma di esercizio del diritto.
dall'altro lato: non è detto che l'analogia sia consentita solo perché concerne una norma penale favorevole. Occorre verificare che non si tratti di norma avente carattere eccezionale, e come tale esclusa in via generale (a prescindere cioè che si tratti di disposizione penale o no) dall'applicazione analogica in virtù dell'art. 14 disp. prel. c.c. che stabilisce che «le leggi (...) che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi (...) in esse considerati. Così, l'opinione tradizionale giunge ad escludere l'applicazione analogica delle cause di non punibilità in senso stretto e delle cause di estinzione del reato e della pena in quanto ritenute eccezionali. Inoltre l'analogia non è utilizzabile in rapporto a quelle norme che, pur essendo favorevoli e non eccezionali, quali sono essenzialmente le cause di giustificazione, siano però formulate in modo da non essere logicamente suscettibili di estensione analogica.  
Il che può capitare in due ipotesi in un certo senso opposte:
a)o quando la loro formazione è tassativa, nel senso che rivela in modo chiaro una volontà legislativa di esclusione dei casi non previsti. Es. lo stato di necessità (art. 54 c.p.) è configurato per il salvataggio dei soli beni personali, con una evidente esclusione di quelli patrimoniali, alla salvaguardia dei quali non sarebbe dunque consentito estendere analogicamente la norma.  
b)o quando la formulazione della disposizione è tale da avere tradotto nella sua massima estensione applicativa la ratio di disciplina, così che non sono ipotizzabili casi simili non previsti e pur tuttavia rispondenti alla eadem ratio. Es. la scriminante dell'esercizio del diritto (art. 51 c.p.) deve essere intesa come tale da ricomprendere qualunque facoltà legittima giuridicamente riconosciuta, con la conseguenza che non è nemmeno logicamente possibile ipotizzare un'estensione analogica della fattispecie di cui all'art. 51 c.p.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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