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Le Circostanze aggravanti comuni, art. 61


L'art. 61 prevede una serie di circostanze aggravanti comuni, e precisamente:

L'avere agito per motivi abietti o futili.
Il motivo rappresenta la causa psichica della condotta (mentre lo scopo ne è l'obiettivo finalistico: l'omicidio di un ricco parente per ereditare ha come scopo l'acquisizione del patrimonio, e come movente l'avidità). £ «abietto» quando risulta di particolare bassezza morale (ad es., seviziare la figlia per compiacere l'amante sadico); è «futile» quando è vistosamente sproporzionato rispetto al reato commesso (ad es., uccidere per un sorpasso);
L'avere commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato
si tratta di una connessione, rispettivamente, teleologica e consequenziale; la prima non implica che il reato-fine sia stato commesso (ad es., furto di una vettura allo scopo di attuare una rapina); la seconda postula invece la realizzazione sia del reato presupposto che del reato conseguenza (ad es., smembramento di una pittura rubata per consentirne la vendita: il danneggiamento permette il conseguimento del profitto del furto; occultamento del cadavere dopo un omicidio).  Per «prodotto» del reato si intende il suo risultato, per «profitto» il vantaggio economico che ne deriva, per «prezzo» il corrispettivo atteso dalla sua commissione.  Si discute se, dopo la riforma del reato continuato (art. 8 12), esteso anche al concorso eterogeneo, la circostanza sia ancora in vigore, dato che la possibilità di unificare reati diversi commessi in esecuzione di un «medesimo disegno criminoso», con un trattamento più favorevole per il reo, sembra contrastare con l'aggravamento disposto proprio in funzione di una unità psicologicamente qualificata dei vari episodi criminosi.  
In realtà, altro è valutare la gravità del singolo reato (eventualmente aggravato per la connessione), altro valutare invece il complesso dei reati commessi, la cui sanzione deve essere per l'appunto rappresentata dalla pena del reato più grave, aumentata sino al triplo.  La circostanza non è dunque incompatibile con la continuazione;
L'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento.
L'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone:
per «sevizie» si intende ogni sofferenza fisica o morale inferta in eccesso rispetto afl'«economia» del reato (ad es., torturare la persona sequestrata); per «crudeltà» si intende un inutile patimento morale (ad es., costringere il figlio ad assistere all'uccisione del padre);
L'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa
è l'aggravante c.d. della «minorata difesa»; ad es., furto durante un'improvvisa interruzione dell'energia elettrica; rapina in danno di un paralitico;
L'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato, di un ordine di arresto o di carcerazione, spedito per un precedente reato
la disposizione si riferiva al «latitante», già definito dall'art. 268 c.p.p. del 1930 nei termini precisati dalla fattispecie circostanziale; ma la nozione è stata modificata dall'art. 296 c.p.p. («è latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all'obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione»). La locuzione usata dal legislatore nel n. 6 dell'art. 61 sembra idonea a ricomprendere anche l'evaso, il quale, per l'appunto, si sottrae ad un ordine di esecuzione della carcerazione, ed è inoltre «per ogni effetto» equiparato al latitante dall'art. 296 5 C.p.p.;
L'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità la circostanza si riferisce, oltre ai delitti del Titolo MII, Libro Il, ai delitti che affianchino ad una offesa non patrimoniale, anche un'offesa di tale natura (es., artt. 314, 316), o che siano motivati dal lucro (es., uccidere per ottenere l'eredità). Il danno deve essere «rilevante», secondo un criterio obiettivo, e dunque a prescindere dalle condizioni economiche della vittima, le quali possono,tuttavia assumere un ruolo sussidiario quando la valutazione intrinseca del danno risulti da sola insufficiente a stabilirne la gravità;
L’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso è circostanza di rara applicazione, in quanto presuppone che l'aggravamento delle conseguenze non sia rilevante, o autonomamente, o come circostanza speciale (ad es.,: Tizio, dopo aver ferito Caio, tenta di ostacolare i soccorritori);
L'avere commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto la circostanza si riferisce innanzitutto ai pubblici ufficiali (art. 357) e agli incaricati di un pubblico servizio (art. 358), e presuppone un nesso di strumentalità delle modalità ipotizzate rispetto alla commissione del reato, nel senso che l'agente deve appunto aver deviato dal fine istituzionale il potere attribuitogli dalla legge, o violato il dovere impostogli, per realizzare il fatto criminoso (es., calunnia perpetrata da un ufficiale di polizia giudiziaria nel proprio rapporto). Per quanto concerne la qualità di ministro di un culto, si discute s'essa possa riferirsi a qualsiasi culto praticato, o soltanto ad un culto con cui lo Stato abbia stabilito rapporti giuridicamente rilevanti (concordato; intese: artt. 7 e 8 Cost.).
La tesi estensiva sembra contrastare col riferimento del n. 9 a «poteri» e «doveri», i quali, per poter assumere una rilevanza giuridica, implicano qualche forma di riconoscimento dei culto da parte dello Stato;
L'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro cattolico o di un culto ammesso nello Stato ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio l'aggravante è reciproca rispetto alla precedente, e implica una connessione, tra reato commesso e qualifica, di tipo occasionale (nell'atto dell'adempimento) o di tipo finalistico (a causa dell'adempimento): in questo secondo caso non occorre che l'attività sia attualmente tenuta dalla persona offesa (es.,: incendio dell'abitazione di un ufficiale di polizia giudiziaria per ritorsione contro le indagini da lui svolte);
L'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità,l'abuso implica lo sviamento delle varie situazioni contemplate dalle loro rispettive finalità istituzionali; l'autorità deve essere intesa in senso privatistico, altrimenti ricorrerebbe l'aggravante del n. 9 (es., potestà di genitore); le relazioni domestiche consistono nell'appartenenza ad un medesimo nucleo familiare, anche se non caratterizzate da vincoli di parentela o di aff-inità; le relazioni d'ufficio si riferiscono alla partecipazione, anche occasionale, ad una stessa comunità di lavoro; le relazioni di prestazione d'opera riguardano ogni attività prestata da un soggetto a favore di un altro; le relazioni di coabitazione concedono la comunanza dello spazio abitativo, anche involontaria (ad es., detenuti); le relazioni di ospitalità implicano l'accoglimento di una persona in uno spazio sul quale l'ospitante esercita uno jus excludendi.
E’ da notare che talune circostanze aggravanti «comuni» (in quanto suscettibili di applicarsi, in linea di principio, a qualsiasi reato) sono state inserite in varie leggi speciali.
Es., la «finalità di terrorismo o di evasione dell'ordine democratico», che determina l'aumento della metà della pena in tutti i reati punibili con pena diversa dall'ergastolo (L. 15/1980); e, più di recente, la «finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso», ovvero il «fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi la medesima finalità», che comportano l'aumento della pena fino alla metà (L. 205/1993). Si tratta di previsioni che ben potrebbero essere riportate nell'ambito del c.p..

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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