Le circostanze attenuanti comuni, art. 62 c.p.
Le attenuanti generiche.
Le attenuanti comuni previste dall'art. 62 c.p. sono le seguenti:
L’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale è circostanza contrapposta a quella dell'art. 61 n. 1. I motivi considerati non debbono radicarsi in un impulso meramente egoistico, e, secondo la giurisprudenza, devono corrispondere in forma particolarmente significativa alla morale o all'etica corrente. Sembra viceversa che possa assumere rilevanza qualsiasi movente originato da una concezione della vita e della società compatibili con la Costituzione, sempre che si tratti di un movente suscettibile di esprimere con intensità elevata lo spirito di moralità che lo anima;
L'avere reagito in stato d'ira, determinato da un fatto ingiusto altrui è l'attenuante della provocazione. Il fatto «ingiusto» può essere tale anche secondo un parametro extragiuridico (es., esercizio di un diritto in forme vessatorie)
lo stato d'ira implica uno sconvolgimento emotivo tale da far scemare le capacità di autocontrollo (non rileva quindi uno stato passionale diverso: odio, gelosia...).
Non è necessario che la reazione segua immediatamente il fatto ingiusto, purché lo stato d'ira persista (v. invece l'art. 599.2, ove la provocazione funge da causa di non punibilità), né che essa sia proporzionata (a meno che una manifesta sproporzione non renda futile il movente: art. 61 n. 1);
L’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramento vietati dalla legge o dall'Autorità, e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza l'attenuante è ricollegata all'influenza psicologica che una folla di persone è in grado di esercitare sul comportamento dei singoli;
L'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l'avere agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità
l'attenuante è stata riformulata dall'art. 2, L. 19/1990 con l'aggiunta del riferimento ai delitti determinati da motivi di lucro (assente nel testo originario). Mentre nella prima parte, la circostanza corrisponde in modo speculare all'omologa previsione aggravante dell'art. 61 n. 7, nella seconda, introdotta dalla legge citata, assume un contenuto problematico: non si vede per quale ragione chi ha agito con un lucro modesto, cagionando al contempo un'offesa assai lieve, debba beneficiare di un trattamento più favorevole (es. se Tizio accetta di commettere lesioni personali gravissime per un compenso risibile, e provoca poi, per la propria incapacità, una lesione pressoché trascurabile, la situazione tende a sconfinare addirittura nell'aggravante dei motivi futili);
L'essere concorso a determinare l’evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa è attenuante di rarissima applicazione, sia perché la condotta dell'offeso non deve costituire elemento dei fatto tipico (ad es., art. 579.1), sia perché essa non deve assumere rilevanza interruttiva del rapporto causale (art. 41);
L'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, o l'essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo capoverso dell'art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato si tratta di due ipotesi alternative, l'una riferita alle conseguenze dannose risarcibile, l'altra a quelle non risarcibili. Per quanto riguarda la prima, è necessario un risarcimento integrale, effettuato dallo stesso autore del reato o da una società di assicurazione.
La seconda postula un'attività spontanea (e cioè non suggerita o imposta da pressioni esterne) ed efficace (e cioè produttiva di un risultato positivo): es., il calunniatore ritratta l'accusa prima che la sua falsità sia accertata. In ogni caso l'intervento riparatorio deve avvenire «prima del giudizio», e cioè prima che: sia iniziato il giudizio ordinario o quello abbreviato, sia promossa l'applicazione della pena su richiesta delle parti, sia iniziato il giudizio direttissimo o quello immediato, o il giudizio di opposizione al decreto penale di condanna).
Le attenuanti generiche
Nell'ambito delle attenuanti comuni vanno ricomprese le c.d. attenuanti generiche: art. 62 bis. In base a tale disposizione il giudice, oltre alle attenuanti dell'art. 62, «può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena»; esse valgono comunque «come una sola circostanza».
Il contenuto delle attenuanti generiche è praticamente indefinito, proprio perché la loro ragion d'essere consiste nel fornire al giudice uno strumento di perequazione sanzionatoria da utilizzare secondo le peculiarità del caso concreto.
In pratica, il giudice dovrà rifarsi alle circostanze «improprie» dell'art. 133, cogliendo tra di esse situazioni suscettibili di meritare una qualificazione in termini circostanziali, rispetto alla minore colpevolezza del reo o alla sua ridotta capacità a delinquere (es., condizioni economiche disagiate, quando il reato commesso trovi in esse la propria radice).
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Dettagli appunto:
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale
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