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Scrittori per pubblicità. Joyce e D'Annunzio


La pubblicità italiana evoca la letteratura con intenti più nobilitanti che parodici, poiché a lungo si è rivolta a un pubblico elitario, ben scolarizzato. Gli slogan erano frutto di una sudditanza della pubblicità italiana verso l’idea del bello scrivere, come testimonia il primo slogan creato in Italia, quello per il dentifricio Kaliklor. Arrigo Castellani, pubblicitario per la Pirelli, scrisse lunghe sequenze verbali per reclamizzare il nuovo pneumatico cinturato, con uno stile colto e letterario.
Oltre all’imitazione poetica, c’era un’altra strada percorribile: far scrivere i testi pubblicitari direttamente agli scrittori, creando quella che viene definita pubblicità d’autore. Matilde Serao a fine Ottocento scrive Fascino Muliebre, un opuscolo per la ditta di cosmetici Bertelli, in cui esalta la cura della bellezza femminile. James Joyce, che tanto utilizzerà la pubblicità nel suo romanzo Ulysses, pubblicizzò La coscienza di Zeno del suo amico Italo Svevo. Gabriele D’Annunzio sfruttò la sua celebrità per pubblicizzare molti prodotti, e coniò diversi slogan (Amaro Montenegro, Sangue Morlacco) e battezzò prodotti (il liquore Aurum, il profumo L’ardore del Carso). La sua pubblicità più significativa è quella per il grande magazzino La Rinascente (per il quale inventò anche il nome, spiegando la nascita in una lettera d’accompagnamento – il grande magazzino che rinasce dalle sue ceneri – che si collegava col motto, sempre da lui inventato).

Tratto da LETTERATURA E PUBBLICITÀ di Mario Turco
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