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Letteratura e pubblicità nella FIAT anni 30


Un collegamento ancora più forte tra letteratura e pubblicità avviene negli anni ’30 alla FIAT: diventa direttore dell’ufficio stampa Gino Pestelli, che auspica alla creazione di una letteratura FIAT, e commissiona due romanzi a due scrittori dell’epoca, Bontempelli e Bardi, dedicati a due diversi modelli di automobile, la 522 e la 1500. Nel romanzo di Bontempelli, 522: racconto di una giornata, si abbandona il culto della velocità futurista per dare all’auto una visione umanizzata; la pubblicità è antifrastica, l’autore invece di sottolineare funzionalità ed efficienza, ne evidenzia i guasti, la fragilità. Bertolt Brecht pubblicizza la casa automobilistica Styer, simulando addirittura un incidente per sottolinearne la robustezza. Vent’anni dopo però la percezione della pubblicità da parte degli intellettuali cambia: Zuckmayer fa da testimonial per due campagne identiche, per due macchine da scrivere, prima e dopo la guerra; la prima viene accettata normalmente, mentre nella seconda (siamo negli anni ’60) viene duramente criticata la commistione fra i due generi.
La situazione è completamente diversa negli USA, dove non c’è spazio per la pubblicità d’autore, che si pensava avrebbe rubato attenzione al prodotto; molti scrittori famosi si occupano anonimamente di pubblicità. Più che un’occasione per esprimere creatività, la professione pubblicitaria rappresenta il fallimento di aspirazioni letterarie; e spesso l’esperienza in un’agenzia è solo una tappa preliminare nella carriera di alcuni giovani scrittori (ricordiamo tre romanzieri con passato da pubblicitari, che pubblicarono racconti autobiografici fortemente critici verso questo mondo).

Tratto da LETTERATURA E PUBBLICITÀ di Mario Turco
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