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Polibio: la costituzione


Dopo la vittoria definitiva su Cartagine che la potenza romana era destinata a dare attuazione al programma di Alessandro Magno di unificazione del mondo abitato.
Dice che la costituzione è connessa con la vita della città.
Le comunità si costituiscono per un istinto proprio di tutti gli esseri viventi che si uniscono per difendersi dai comuni pericoli: il gruppo riconosce come guida l’essere più dotato e forte. La ragione, che distingue l’uomo dalle bestie è nella consapevolezza dei benefici che la vita sociale procura. La comunità promuove la formazione di sentimenti e di convinzioni comuni circa il bene e il male, il giusto e l’ingiusto. Ciò consente agli uomini di intendere il vantaggio che loro deriva dal conseguire le norme della virtù.
La prima costituzione è la monarchia, dalla sua degenerazione deriva la tirannide. A questa subentra il governo dei ricchi e dei potenti contro la quale insorge il popolo per instaurare la democrazia. Ma anche questa degenera in oclocrazia (dominio della moltitudine) che determina una situazione di lotte di partiti e fazioni alle quali pone termine la monarchia. Questo è il compimento del ciclo delle costituzioni.
Ogni costituzione ha in se stessa i principi, le cause della sua corruzione-degenerazione e della decadenza e dissolvimento.
Nelle costituzioni rette il potere si fonda sul consenso dei governati, in quelle degenerate sulla forza e sulla paura. Nella monarchia e nell’aristocrazia chi governa si avvale della persuasione e rispetta i limiti che gli sono posti dai valori etico-religiosi, dalla giustizia.
Ogni costituzione si fonda su un accordo tra chi detiene il potere e la maggioranza degli associati. Quando questo rapporto di fiducia viene meno la costituzione comincia a corrompersi. La crisi di questo patto di governo deve essere imputata a chi detiene il potere. Il governo richiede una sana virtù civile, ma questa virtù si consuma con il tempo e già nella seconda generazione comincia a subentrare nei governanti l’orgoglio e il desiderio di primeggiare che suscita risentimento e odio del popolo.
Descrive il passaggio dalla democrazia all’oclocrazia: Con il passare delle generazioni si modificano i sentimenti e le convinzioni e il popolo decade a livello della plebe, della moltitudine e si confonde con essa. Il potere passa così dal popolo alla moltitudine, che diventa il dispotico signore dello stato.

Polibio dice che si possono studiare degli accorgimenti per rendere la costituzione più duratura possibile per garantirne la stabilità. Occorre predisporre un limite al potere e cioè un altro potere che lo freni, che gli impedisca di diventare assoluto e mutarsi nella forma di governo imperfetto. Per garantire la stabilità, le  costituzioni perfette devono limitarsi a controllarsi a vicenda: la migliore forma di governo deve essere riconosciuta nella costituzione mista, che riesce a comporre in un armonico sistema i principi delle 3 costituzioni perfette: monarchia, aristocrazia e democrazia.
(Questa costituzione fu realizzata per la prima volta da Licurgo)
a Roma il principio monarchico è rappresentato dal potere dei consoli che hanno il potere esecutivo comprendente il comando della forza militare e il governo della repubblica; il senato rappresenta il principio aristocratico essendo formato dai capi dei gruppi gentilizi con un incarico a vita: la sua competenza si riferisce al potere amministrativo, cioè al controllo elle entrate e delle uscite, alla politica estera, alla soluzione delle controversie che possono nascere nell’ambito delle relazioni con altri stati. Il potere giudiziario e legislativo sono attribuiti ai comizi, cioè al popolo che fa così valere il principio democratico.
In tal modo la costituzione romana è formata da  organi che si controllano a vicenda bilanciandosi l’uno con l’altro, realizzando quella costituzione che era nei voti di Aristotele.
Ma anche la costituzione romana non si sarebbe potuta sottrarre al processo di decadenza che caratterizza tutti gli stati. Le pressanti richieste della plebe per una più equa distribuzione delle terre pubbliche furono all’origine del pessimismo dell’aristocratico Polibio.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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