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S. Agostino - De civitate dei


354-430. La politica è valutata nella prospettiva di una concezione teorico-filosofica della storia universale ed ha un preciso riferimento alla concezione ciceroniana della repubblica, ai rapporti tra l’impero e la chiesa ed alle questioni più complesse poste dai quei rapporti all’etica cristiana.
Scrive l’opera in occasione della conquista e del sacco di Roma da parte dei Visigoti. Sembrava aver trovato fondamento l’accusa rivolta ai cristiani dagli ambienti politici che erano rimasti fedeli alla religione degli antichi dei di Roma, di aver promosso la decadenze della potenza militare dell’impero con la diffusione dei loro ideali avversi all’etica civile romana. Voleva dimostrare l’inconsistenza di questa accusa valutando i rapporti tra Cristianesimo e Impero.
Ci sono 2 modi di vivere, due mondi umani, due popoli, due città che risalgono alle origini della storia del genere umano e sono il costante punto di riferimento della storia universale. Le due città sono la Civitas Dei e la Civitas terrena: civitas indica l’unità degli intenti che ispira tutti i comportamenti di coloro che la costituiscono, quindi la concordia e l’affinità tra i suoi componenti. La Civitas dei è composta da coloro la cui vita è ispirata all’amor dei. La Civitas terrena è formata da coloro che ispirano le loro azioni all’amor sui. L’amor di sé, portato sino al disprezzo di Dio generò la città terrena, l’amore di Dio, portato sino al disprezzo di sé generò la cità celeste.

Il vincolo che unisce gli uomini delle due città è l’amore: amor sui e amor Dei. L’amore è il principio dinamico della volontà, ciò che spinge a volere. L’amore è un’energia che tende a conseguire una serie di beni secondo un determinato ordine. L’amore di se stesso esprime un proprio ordine che si realizza nella città terrena. Amare se stessi significa conseguire tutti i beni terreni che possono darci piena soddisfazione, in modo che il nostro animo non sia più turbato e rattristato. La soddisfazione è lo stato di pace con se stesso. È il desiderio di pace che spinge l’uomo ad uscire da se stesso e stabilire rapporti sociali con gli altri. Iul desiderio della pace è una caratteristica della natura dell’uomo. La pace è la ragion d’essere della società umana.

Il fine della politica è di conseguire e mantenere la pace: la repubblica, l’autorità, il potere, le istituzioni, le leggi debbono essere predisposte in vista della pace. Per avere la pace gli uomini devono avere desideri e comportamenti che siano in essa corrispondenti. La pace si riflette nella società degli uomini, nella famiglia e nello stato.
Ci sono 2 paci: della città celeste e della città terrena. La prima è eterna perché ha il suo fondamento in Dio, la seconda è insidiata dalle passioni sempre mutevoli degli uomini, è incerta, provvisoria e può essere infranta dagli odi e dalla lotte.
La pace è l’unione dell’ordine. L’ordine è la disposizione che assegna ogni cosa al suo posto. Questa disposizione ritrova la sua fonte e legittimità in Dio, nella sua legge, la legge eterna ch corrisponde alla ragione e alla volontà di Dio e comanda di conservare l’ordine naturale. Questa legge è costitutiva della coscienza dell’uomo e le consente di percepire i principi primi dei comportamenti umani cioè le evidenze morali che sono comuni a tutti gli uomini e che formano la legge naturale.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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