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L'azione a tutela della pace in base al capitolo VII. Considerazioni introduttive


Nel capitolo VII si trovano le competenze più importanti del Consiglio di Sicurezza che costituiscono la base per l’adozione di misure coercitive e sanzionatorie nei confronti dei membri colpevoli di turbare la pace, fino all'istituzione di forze armate ONU.
Il funzionamento del capitolo VII è stato limitato dai veti incrociati nella fase della Guerra Fredda, ma dalla guerra del Golfo è diventata l’attività principale dell’ONU.
(esempi prima della guerra fredda: 1948 conflitto arabo-israeliano: cessate il fuoco, art 40).
Una delle caratteristiche è quella di riferirsi anche a situazioni interne agli stati (che possono costituire minaccia per la pace). Oggi l’attività di ricostruzione degli stati è affidata alla Peacebuilding Commission, istituita da Assemblea e Consiglio di sicurezza a seguito del panel 2004 e world summit 2005).
Il capitolo VII pone essenzialmente due problemi: a) in presenza di quali presupposti il Consiglio può approvare le misure ivi previste; b) una volta accertato che uno dei presupposti sussiste, quali misure può adottare → siccome è il Consiglio stesso a decidere le risposte a questi due interrogativi, ci si domanda se una tale discrezionalità incontri dei limiti.

Premesse al capitolo VII:
Art 2.4: i membri si astengono dall’uso della forza. Ciò significa che l’azione della forza è consentita solo in casi specifici (uno solo → art 51) ed è affidata al Consiglio di sicurezza: uso della forza solo per il bene comune.
Art 51: legittima difesa collettiva o individuale, solo per reagire ad un attacco armato. Qui è importante il carattere eccezionale (perché è l’unico caso in cui i membri possono avvalersi della forza) e temporaneo (perché è consentito solo fino a quando il consiglio non intraprenda lui le misure previste dalla Carta). La legittima difesa è collegata all’attività del Consiglio di sicurezza perché:
È temporanea: scade quando il Consiglio di sicurezza interviene.
È resa nota al Consiglio di sicurezza tramite notifica.
Non pregiudica il ruolo del Consiglio di sicurezza che ha la responsabilità principale.
→ Non importa quale sia la misura del Consiglio di sicurezza: qualunque che sia IDONEA a porre fine al conflitto (art 39).

Limiti:
situazioni di violenza bellica. Il Consiglio di sicurezza non può intraprendere nessuna misura contro lo stato che si difende secondo l’art 51 né contro i suoi alleati (ad hoc o per trattati come la NATO).
Situazioni di non violenza. Limite di intraprendere attività che siano sentite dalla comunità internazionale: il Consiglio di sicurezza non prenderà misure che potranno essere oggetto di contestazione da parte degli stati.
Altri dicono che un altro limite sia il rispetto dello jus cogens, sicuramente le misure di non forza e forza devono avvenire nel rispetto del diritto internazionale.
L'accertamento di una minaccia alla pace, di una rottura della pace o di un atto di aggressione.
Articolo 39 → accertamento di minaccia, violazione della pace o di atto di aggressione. → “davanti a una minaccia, violazione della pace o atto di aggressione, il Consiglio di sicurezza può deliberare 1) Misure coercitive di cui all’art 41 e 42 ; 2) fare racomandazioni”

Problema di definizioni:
Definizione dei tre termini → in dottrina non c’è definizione dei tre termini (minaccia, violazione, aggressione) quindi bisogna affidarsi a valutazioni politiche e fattuali, alla discrezionalità ONU. Sicuramente, però, il Consiglio di sicurezza non ha poteri interpretativi vincolanti quindi deve attenersi al significato dato dalla carta.
Definizione di pace → significato positivo: circostanze politiche sociali ed eco che impediscono il formarsi di conflitti futuri. Significato negativo: assenza di conflitti interni o internazionali.
L’art 39 con le diciture “minaccia/violazione della pace consente al Consiglio di sicurezza di intervenire in conflitti in atto o potenzialmente, cioè minacciati per impedire il sorgere del conflitto.
Violazione della pace → uso della forza tra stati, anche solo una bomba. Un conflitto in atto pur non raggiungendo il livello dell’aggressione (raramente riconosciuta, Corea 1950, Iran e Iraq 1987 guerra del Golfo 1990)
Aggressione → uso della forza molto intenso. Definizione evitata a San Francisco, discusso in un comitato ad hoc dell’Assemblea (prima 1952 finito nel 1957. Dal 1967 al 1974 nuovo comitato ad hoc), risoluzione 1974 dell'Assemblea. Elenco di ipotesi di aggressione:
- Invasione, attacco armato, occupatio militare derivante da attacco armato.
- Bombardamenti.
- Blocco porti o coste.
- Attacco alle forze aeree etc.
- Concessione territorio per atto aggressione verso terzi
- Invio bande armate, mercenari che svolgano atto di aggressione
questa definizione non incide però sul Consiglio di sicurezza e sulla sua attività. → la stessa dichiarazione dice espressamente all’articolo 2 che il Consiglio di sicurezza può nel caso concreto non ritenere atto di aggressione uno di quelli in elenco. Dice inoltre all'articolo 4 che il Cpnsiglio di Sicurezza può considerare come atti di aggressione anche ipotesi non previste nella stessa.
Oggi 2010 (Kampala) ha acquistato rilevanza perché lo Statuto della Corte Penale Internazionale ha adottato un emendamento allo Statuto in riferimento ai crimini individuali di aggressione secondo l’elenco della risoluzione dell’Assemblea.
Il Consiglio di sicurezza non ha mai adottato il termine aggressione (preferendogli il termine violazione della pace), perché è molto criminale e gli stati soprattutto i 5membri permanenti non vogliono che un giorno siano loro ad essere accusati di ciò. Solo adottato per condannare il comportamento di uno stato: attacco israeliano alla sede OLP in Tunisia 1985, Sudafrica per Angola.
Minaccia → situazione di forte tensione capace di generare una conflitto. È molto generale e lascia spazio a libere interpretazioni → metro di giudizio molto ampio. Deve sussistere una certa gravità oggettiva per attivare il capitolo VII. Non è necessario che si tratti di operazioni militari, né che ci sia un illecito internazionale. È quasi sempre adottato quando il Consiglio intende adottare le misure del capitolo VII. Nella prassi la minaccia alla pace si usa anche riferita a situazioni interne ritenute idonee ripercussioni significative all'esterno (anche per il cap VI se ne può occupare ma qui è sentito come pericolo per la pace).
Esempi di minacce alla pace e sicurezza internazionale → Segregazione razziale, apartheid, Invasione Kuwait 1990, risoluzione 660: determinando che costituiva una minaccia alla pace, oppressione di una minoranza (Iraq per i curdi, 1991 “minaccia alla pace nella regione, perché la Turchia con incursioni cercava di fermare il flusso migratorio, diritti umani (Bosnia, Kosovo), genocidio (Ruanda), anarchia perpetua (Somalia), rifiuto di estradare terroristi (Libia) 1992, proliferazione nucleare tra entità non statali (2004: risoluzione 1540 + 2001 risoluzione 1373 sugli atti di terrorismo internazionale), situazioni post conflittuali, pirateria in Somalia.
Esempi che mostrano come la questione possa riferirsi anche a situazioni interne degli stati sono 1966 “agendo in base al 39 e 41, il Consiglio di sicurezza ritiene che la situazione IN Rhodesia del sud è minaccia alla pace”, Haiti: 1993, il rovesciamento del regime democraticamente eletto è minaccia alla pace.
La tendenza dell’ONU a intervenire per violazione dei diritti umani o per situazioni interne di democratizzazione, non va intesa come se il Consiglio di sicurezza intervenisse a favore del rispetto del diritto internazionale → semplicemente il Consiglio agisce quando valuta l’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione o atto di aggressione. Sicuramente è avvenuto un ampliamento del concetto di minaccia e della discrezionalità del Consiglio di sicurezza e uno sfaldamento progressivo del limite di domestic jurisdiction in queste situazioni.
Non c’è corrispondenza tra minaccia alla pace art 39 concernente il Consiglio di sicurezza e l'articolo 2,4 concernente le relazioni tra stati, perché il Consiglio di sicurezza può considerare come minaccia alla pace situazioni che non sono minaccia dell’uso della forza.
L'unico limite alla discrezionalità del Consiglio nello stabilire la minaccia alla pace che si può chiaramente individuare è quello ex articolo 51 → è ricavabile infatti dal principio di legittima difesa → il Consiglio non può considerare minaccia/violazione alla pace / aggressione l'uso di forza come legittima difesa individuale o collettiva e intervenire contro lo stato che si difende o quelli che lo aiutano a difendersi. → legittima difesa come reazione ad un attacco armato, mai avallata dal diritto internazionale la tesi Nato (vedi Usa → dottrina Bush) della legittima difesa preventiva.
Un altro limite che si può affermare è quello della convinzione della generalità degli stati della comunità internazionale (lo ius cogens può essere usato come indicatore delle aspettative generali).
In ogni caso la questione deve risolversi caso per caso.

Tratto da LE NAZIONI UNITE di Alice Lavinia Oppizzi
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