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La situazione in Cina tra gli anni '70 e '80


In Cina la fine degli anni ’70 vide compiersi un processo di radicale revisione interna. Artefice principale della democratizzazione fu Deng Xiao Ping, emerso dopo il ’76 come vero leader del paese. Nel giro di pochi anni Deng capovolse la linea di Mao Tse Tung: furono reintrodotte le differenze salariali e aumentati gli incentivi per i lavoratori; la direzione delle aziende fu ricondotta a criteri di efficienza; fu incoraggiata l’importazione di tecnologia; i contadini ebbero la possibilità di coltivare i propri fondi e di venderne i prodotti sul mercato libero. Quella avviata in Cina fu dunque una trasformazione di vasto respiro, con la penetrazione di modelli di tipo consumistico soprattutto tra le generazioni più giovani. Il contrasto tra una modernizzazione economica e il mantenimento della struttura burocratico-autoritaria del potere fu all’origine di un nuovo fenomeno di protesta con protagonisti gli studenti universitari di Pechino. Essi diedero vita nella primavera dell’89 a una serie di pacifiche manifestazioni di piazza. Dopo qualche vano tentativo di dialogo, il gruppo dirigente rispose con una brutale repressione militare. L’intervento dell’esercito nella piazza Tienanmen nel giugno ’89 si risolse in un vero e proprio massacro ed ebbe gravi effetti nei rapporti commerciali con l’occidente. Le relazioni economiche furono successivamente ristabilite; il mercato seppe dar vita a un vero e proprio boom, raddoppiando il volume della sua produzione. Il regime cinese riuscì così a sopravvivere e divenne teatro di un inedito esperimento di liberalizzazione economica.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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