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L'assassinio di Giacomo Matteotti


A poco più di 2 mesi dalle elezioni un evento tragico ed inatteso intervenne a mutare bruscamente lo scenario. Il 10 giugno 1924 il deputato Giacomo Matteotti fu rapito a Roma da un gruppo di squadristi ed ucciso a pugnalate. 10giorni prima di essere ucciso Matteotti aveva pronunciato alla camera una durissima requisitoria contro il fascismo. Era dunque naturale che la sua scomparsa suscitasse nell’opinione pubblica un ondata di indignazione contro il fascismo ed il suo capo. Il regime parve per un momento sull’orlo del crollo, l’unica iniziativa concreta presa dai gruppi d’opposizione fu quella di astenersi dai lavori parlamentari e di riunirsi separatamente finche non fosse stata ripristinata la legalità democratica. La secessione dell’aventino, come fu definita da un termine della storia romana, aveva un indubbio significato ideale, ma di per se era priva di qualsiasi efficacia pratica.  Nel giro di pochi mesi l’ondata antifascista rifluì. Il 3 gennaio 1925 in un discorso alla camera Mussolini dichiarò chiusa la questione morale e minacciò apertamente di usare la forza contro le opposizioni. Nei giorni successivi un ondata di arresti, perquisizioni e sequestri si abbatterono sui partiti di opposizione e sui loro organi di stampa. La crisi Matteotti aveva accelerato il passaggio do un governo autoritario ad una vera e propria dittatura.

La svolta del 3 gennaio ’25 non lasciava più spazio per gli equivoci ed i compromessi: la scelta era tra fascismo ed antifascismo. Ad un “ manifesto degli intellettuali del fascismo” diffuso per iniziativa di Giovanni Gentile gli antifascisti risposero con un contromanifesto redatto da Benedetto Croce. Molti esponenti antifascisti furono esiliati, gli organi di stampa dei partiti antifascisti furono messi nell’impossibilità di funzionare. Una serie di falliti attentati alla vita di Mussolini servì a creare il clima adatto al varo della nuova legislazione: la prima importante legge costituzionale del regime fu quella del dicembre 1925 che rafforzava i poteri del capo del governo, nell'aprile ’26  una legge sindacale proibì lo sciopero, furono sciolti tutti i partiti antifascisti e soppresse tutte le pubblicazioni contrarie al regime. Fu reintrodotta la pena di morte contro i colpevoli di reati contro la sicurezza dello stato, con un tribunale speciale per la difesa dello Stato. La legge elettorale del ’28 introduceva il sistema della lista unica e lasciava agli elettori solo la scelta di accettarlo o respingerlo in blocco. Le leggi fascistissime del ’26 avevano messo fine alla parabola dello stato liberale nato con l’unità d’Italia ed avevano dato vita ad un nuovo regime.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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