Il saggio tratta degli elementi di teoria della comunicazione e di informazione e comunicazione istituzionale, nonchè dei vari aspetti della comunicazione pubblicitaria e audiovisiva e dell'uso del linguaggio nella fiction e nella produzione televisiva
Fare comunicazione, teoria ed esercizi
di Anna Carla Russo
Il saggio tratta degli elementi di teoria della comunicazione e di informazione e
comunicazione istituzionale, nonchè dei vari aspetti della comunicazione
pubblicitaria e audiovisiva e dell'uso del linguaggio nella fiction e nella
produzione televisiva
Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa -
Napoli
Facoltà: Scienze della Comunicazione
Esame: Semiotica
Titolo del libro: Fare comunicazione, teoria ed esercizi
Autore del libro: Stefano Gensini
Editore: Carocci
Anno pubblicazione: 20061. Elementi di teoria della comunicazione
Il termine ”Comunicare” deriva dal latino, interazione linguistica fra soggetti, grazie alla quale si raggiunge
la condivisione di un sapere o di una volontà.
Occorre distinguere il termine comunicazione da informazione: dall’uso corrente di informazione come
“comunicazione giornalistica”, cartacea, radiofonica o televisiva, occorre distinguere un senso tecnico della
parola, impostosi negli anni 40 del Novecento nell’ambito dell’ingegneria della comunicazione.
L’informazione va allora intesa come una categoria di tipo statistico che ci dice quanto, in un dato contesto,
è probabile che si verifichi un dato evento. A ogni scelta binaria possibile (si/no) corrisponde un bit di
informazione: questa tende a zero (entropia) quando l’evento è totalmente prevedibile nel contesto dato e,
viceversa, cresce in ragione logaritmica in base al numero di scelte binarie necessarie per determinare quel
evento.
Shannon ideò la TEORIA MATEMATICA DELLA COMUNICAZIONE per messaggi di tipo fisico-
matematico.
Individuò il “problema fondamentale” nella riproduzione esatta in un dato punto di un messaggio
selezionato in un altro punto, questo messaggio è selezionato da un insieme di messaggi possibili e quindi il
sistema deve essere progettato in modo da poter funzionare con qualsiasi messaggio si selezioni. Questo
modello non considera li aspetti semantici.
Nello schema in cui non è fatto alcun riferimento al valore di significato dei segni, né al contesto
circostanziale, in cui vengono adottati. Trasmittente e ricevente sono nozioni meccaniche, che non possiamo
“riempire” con la soggettività umana.
I fattori di disturbo della comunicazione “Rumori” sono variabili di tipo fisico che rendono difficoltoso lo
scambio dei segnali.
Il più noto modello i comunicazione è quello Jakobson, che da Shannon eredita alcune caratteristiche.
Individua 6 componenti:
- MITTENTE: il soggetto che vuole inviare una comunicazione verso un destinatario
- MESSAGGIO: il testo non il contenuto fatto di parole o immagini che funziona nello scambio
comunicativo
- CODICE: il linguaggio attraverso cui viene formato il messaggio e deve essere condiviso da emittente e
destinatario
- CANALE: mezzo fisico che consente al messaggio di viaggiare e di essere comunicato
- CONTESTO: le circostanze in cui la comunicazione avviene
- DESTINATARIO: colui che riceve il messaggio.
Il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio richiede in primo luogo il
riferimento a un contesto (il ‘referente’), contesto che possa essere afferrato dal destinatario; in secondo
Anna Carla Russo Sezione Appunti
Fare comunicazione, teoria ed esercizi luogo esige un codice comune al mittente e al destinatario; infine un contatto, un canale fisico e una
connessione psicologica fra il mittente e il destinatario, che consenta loro di stabilire e di mantenere la
comunicazione.
Jakobson finisce per equiparare la comunicazione verbale a una sorta di scambio di lettere. Il mittente
“codifica” un messaggio attraverso un codice e al punto di arrivo il destinatario, attraverso lo stesso codice,
lo “decodifica” e ricostruisce nella sua mente quel che il partner ha voluto fargli/farle sapere.
Il modello è detto MODELLO LINEARE perché riguarda una comunicazione semplice, mediata da un
mezzo elementare, il codice.
Un altro elemento di attenuazione della componente meccanica del suo schema Jakobson lo inserisce là
dove accenna al fatto che del ‘contatto’ fa parte anche la connessione psicologica fra mittente e destinatario.
Nella nozione di contatto rientrano i fenomeni di funzionalità del ‘canale’ che dipendono sia dal ‘rumore’,
sia da eventuali “handicap”.
Il contributo più originale di Jakobson riguarda il concetto di FUNZIONE. La sua idea è che in ogni
comunicazione verbale i sei fattori sopra descritti compaiono rivestiti di una ‘funzione’. È normale che più
funzioni coesistano, gerarchizzandosi fra loro, dando cioè a una funzione fra le altre una posizione di
dominanza.
- destinatario / funzione Conativa (esprime la direzione della comunicazione, es la pubblicità)
- mittente / funzione emotiva (es dichiarazione dei propri sentimenti)
- codice / funzione metalinguistica (ci si serve dei segni per parlare di altri segni)
- canale / funzione fàtica (gli enunciati servono per controllare la tenuta del dispositivo fisico che consente la
comunicazione)
- contesto / funzione referenziale (quest’ultima funzione è preminente, è l’attitudine a focalizzare le parole
su entità esterne al codice ma presenti nello spazio circostante).
- Messaggio / Funzione poetica (è la funzione più importante) Jakobson voleva mostrare che la
manipolazione retorica del messaggio è parte integrante della comunicazione e che essa implica qualcosa di
importante a carico dei rapporti mittente-destinatario. L’importanza riguarda il testo e non i contenuti.
Jakobson fu però criticato per gli esempi tratti da frammenti estratti dalla più bassa cultura extralinguistica
(Es. I Like Ike) L’espressione crea un meccanismo che si impone all’attenzione non come contenuto ma
come forma, l’effetto porta a varie interpretazioni da parte del destinario. Questa circostanza influisce sulla
reazione interpretativa del destinatario e lo vincola a moltiplicare il suo percorso di comprensione.
Egli non si limita a decodificare la frase ma deve apprezzare “quel che di speciale” che la frase ha.
Vi è dunque un trattenimento dell’attenzione del lettore sul testo, innescato dall’artificio linguistico, Altro
Es. “Vi Voliamo Bene” – Alitalia. Quello degli slogan è solo uno dei campi possibili di applicazione della
teoria di Jakobson. Altri sono le battute, i doppi sensi, le frasi ironiche.
Questo modello comprende dei vantaggi come la semplicità della terminologia ma comprende anche dei
limiti come la posizione troppo rigida di emittente e destinatario. Inoltre il codice non funziona tutto o nulla
perché nella maggior parte dei casi il codice è condiviso solo parzialmente. È adatto pertanto ad una
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi comunicazione molto tecnica.
Il modello lineare è stato superato attraverso elementi provenienti da discipline diversi, come la filosofica e
la linguistica,che hanno dato vita all’approfondimento del carattere pragmatico del fatto comunicativo.
Il termine PRAGMATICA (Fatto – opera) venne proposto dal filosofo Morris che distinse:
- la “Sintattica” che riguarda le relazioni intrattenute dai segni fra loro,
- la “semantica” che riguarda le relazioni dei segni coi loro correlati esterni,
- la “denotata” la pragmatica che riguarda il rapporto tra i segni e gli utenti.
La SEMIOTICA avrebbe dovuto indagare il ruolo svolto da questi fattori distinti ma complementari. Questa
dimensione poneva il problema del ruolo svolto dai soggetti dello scambio che sono inseriti in unarete di
rapporti sociali caratterizzata da certe convenzioni.
Austin evidenzia l’importanza del linguaggio per svolgere funzioni sociali, egli formula la TEORIA DEGLI
ATTI LINGUISTICI ossia gli atti linguistici non rappresentano solo conoscenza ma anche l’azione.
Egli criticò l’idea di un linguaggio che avesse come funzione essenziale quella di rappresentare stati di cose
in base al carattere veritiero, per cui distingue:
Atti linguistici Constativi: riguardano enunciati che possono essere o meno verificati (asserzioni)
Atti linguistici Preformativi: che non rappresentano ma fanno cose (come una preghiera o una minaccia).
La dimensione performativa per Austin è quella attraverso la quale la parola si fa azione e partecipa alla
pratica sociale.
Inoltre egli fa un'altra distinzione tra gli atti:
- locutori: frasi dotate di senso
- Illocutori: associano alla frase una forza da cui dipende la loro capacità di produrre conseguenze pratiche
(vuoi un caffè?)
- Perlocutori: riguardano gli effetti ottenuti mediante la realizzazione di un atto locutorio o illocutorio.
Un atto linguistico ha una fisionomia locutoria legata al suo senso, una illocutoria legata alla convenzione
che ne determina il valore sociale e una perlocutoria per l’influenza esercitata sui destinatari in circostanze
concrete.
La teoria di Austin viene ripresa da Searle, che al concetto di “forza illocutoria” sostituì l’idea che il
linguaggio disponesse di pochi atti allocutori, connessi alle poche cose che il linguaggio serve a fare. Questi
entra in contrasto con Wittgenstein che sosteneva che il significato linguistico coincide con l’uso e con i
giochi che le parole consentono.
Searle influenzato dal cognitivismo vede il linguaggio riferendosi ai processi mentali e propone 5 atti
illocutori:
Rappresentativi: quelli che impegnano il parlante all’effettivo darsi qualcosa
Direttivi: tentativi da parte del parlante di indurre l’ascoltatore a fare qualcosa
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi Commissivi: quelli che impegnano il parlante ad assumere in futuro una certa condotta
Espressivi: che dichiarano uno stato psicologico del parlante
Dichiarativi: la cui felice esecuzione produce la corrispondenza fra il contenuto preposizionale e la realtà.
Con Austin in primo piano c’è la componente sociale della comunicazione, con Searle il risvolto
psicologico.
Successivamente ci fu Grice, secondo cui solo in parte il processo di comunicazione consiste in una codifica
e decodifica che sono due processi necessari ma non sufficienti. La cui idea principale era che vi fossero
forme di comunicazione in cui parole e frasi rappresentano stati di cose e altre forme in cui il significato non
è naturale, ma và ricostruito riconoscendo le intenzioni del parlante.
La comunicazione si rivela dunque come una forma di interazione sociale complicata, nella quale svolge un
ruolo decisivo l’intenzionalità che dipende da variabili soggettive connesse al contesto psicologico dello
scambio comunicativo.
Egli ci parla di:
INTENZIONE COMUNICATIVA, un processo comunicativo in cui un atto manifesta pubblicamente
un’intenzione ed ha successo solo se l’intenzione è riconosciuta dal destinatario.
IMPLICATURE CONVERSAZIONALI, per comprendere le intenzioni dei nostri interlocutori
PRINCIPIO DI COOPERAZIONE
Nella dimensione pragmatica, ovvero nelle circostanze concrete della comunicazione, saper andare oltre il
valore convenzionale delle parole è indispensabile per capire quello che il mittente ha voluto darci a
intendere.
Il secondo caposaldo della teoria di Grice è l’analisi della “conversazione”.
Egli sostiene che in essa i partecipanti stanno a delle “massime”:
- Principio di cooperazione: il contributo sia tale qual è richiesto
- Quantità: non dare un contributo informativo più di quant’è richiesto
- Qualità: i partecipanti devono cercare sempre di dare un contributo vero
- Relazione: sii pertinente all’oggetto della conversazione
- Categoria del modo: sii perspicuo
In queste massime la conversazione sembra retta da un principio di collaborazione,problematico da ritrovare
nelle forme di interazione comunicativa.
Perciò il discorso di Grice và rivolto a un livello diverso da quello empirico, anche se rappresentò uno
stimolo importante per progredire verso una concezione più evoluta del processo comunicativo intesa a
definirne il carattere dinamico e complesso.
Nel periodo cui appartiene la prima revisione del modello lineare della comunicazione, alcune mosse a
supporto vengono dal settore linguistico. Viene confermata l’erroneità dell’idea che il sistema linguistico
funzioni indipendentemente dai parlanti.
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi Questo filone prende spunto da Saussurre, secondo cui la massa parlante era un elemento interno e
costitutivo della lingua.
Tra gli altri filoni della ricerca linguistica, da ricordare quelli sociolinguistici, che inquadrano il fatto
linguistico nel sistema culturale complessivo della società parlante.
Il punto d’intersezione fra ricerca comunicativa e ricerca linguistica viene trovato attraverso la nozione di
testo e di competenza testuale.
Secondo l’orientamento testualista, il concetto di testo è il perno dello scambio comunicativo.
Per testo, s’intende un’unità linguistica che funziona in modo unitario e autonomo, sia dal punto di vista
formale che semantico.
Alle spalle dei singoli testi, vi sono dei principi generali di testualità e dei tipi testuali che raggruppano classi
di testi in base a caratteristiche comuni.
Vi sono dunque sette condizioni di testualità:
- La Coesione che consiste nel modo in cui le componenti del testo di superficie,ossia le parole che
effettivamente udiamo o vediamo,sono collegate tra loro.
- La Coerenza consiste invece nella continuità tematica e concettuale del testo in relazione a un possibile
percorso di comprensione. Non è quindi una proprietà solamente interna del testo, ma è condizionata dal
fatto che essa effettivamente sussista.
- L’Intenzionalità che si presuppone ci sia nel momento in cui qualcuno scrive un testo. (Significazione è un
procedimento semiotico innescato solo dal destinatario).
- L’Accettabilità,nonché corrispettivo dell’intenzionalità, dall’altro lato della comunicazione, che concerne
l’atteggiamento del ricevente ad attendersi un testo coerente,utile e rilevante per acquisire conoscenze.
- L’Informatività si articola in due sottocomponenti:tema(nota al destinatario) rema(non nota)
- La Situazionalità che è legata all’informatività ed esprime la sua adeguatezza al contesto.
- L’Intertestualità col quale ci si riferisce al fatto che un testo possa rimandare ad altri testi o citarne altre
parti. Esso si basa sulla memoria a lungo termine.
La competenza testuale - L’insieme delle capacità di riconoscimento e governo delle caratteristiche di
costruzione e funzionamento dei testi e si regge su una
La competenza comunicativa si presta a farci capire di quante mediazioni sia fatta la nostra capacità di
fronteggiare un atto comunicativo.
La competenza interculturale – la competenza per muoverci in un contesto comunicativo dove sono presente
culture differenti.
Fra competenza testuale e singoli testi si situano delle unità logico-semiotiche che classificano e distinguono
fra loro questi ultimi.
Sono state introdotte svariate tipologie testuali (Narrativo, Descrittivo, Espositivo, argomentativo,
regolativo) e svariati Generi Discorsivi (Orale, Scritto, Videoscritto, Televisivo).
I tipi testuali hanno a che fare con modalità comunicative e operazioni cognitive.
I generi formalizzano delle caratteristiche retoriche che rendono riconoscibili i testi. In un testo può essere
presente più di un genere, purchè ce ne sia uno dominante.
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi
L’insieme delle ricerche scientifiche ha consentito il superamento del modello cosiddetto lineare della
comunicazione.
Tullio De Mauro, ha concluso che in nessun caso la comprensione umana del linguaggio è assimilabile a un
processo di decodifica. La sua idea è che il patrimonio linguistico del ricevente interagisca e faccia sistema
col co-testo discorsivo e col contesto comunicativo, determinando un’operazione cognitiva complessa.
Quindi la comprensione assume valori compresi tra 0 (comprensione nulla) e 1 (comprensione totale).
Nel linguaggio verbale e in tutti i codici complessi, una comprensione nulla o totale si avrà solo
casualmente. Poiché essendo il linguaggio verbale complesso si capisce sempre in parte.
Ma ci sono molteplici difficoltà che possono far inceppare il meccanismo che derivano dai tre poli che
interagiscono nel percorso comunicativo: asimmetrie del patrimonio linguistico che gli utenti del linguaggio
si portano dietro, grado di possesso della varietà linguistica in uso,“analfabetismo di ritorno” negli adulti che
perdono le capacità alfabetiche perché non utilizzate quotidianamente.
La comprensione è dunque un processo problematico: sia per i motivi teorici che dipendono dalle
caratteristiche di funzionamento semiotico del linguaggio verbale, e anche per le profonde asimmetrie che
caratterizzano dal punto di vista sociale e istituzionale i partecipanti allo scambio comunicativo.
Ci fu nel 1986 una teoria che partendo dalla critica al modello lineare della comunicazione, cercò di
ripensare l’attività linguistica in senso cognitivo Teoria di Sperber e Wilson:
L’idea è che gli umani siano determinanti da una lunghissima storia evolutiva, straordinari elaboratori di
informazione. Tante specie animali sono in grado di fare qualcosa del genere,ovviamente limitatamente:
possono riconoscere l’intenzione di accoppiarsi o di attaccare.
Gli uomini, possono complicare queste capacità tramite “contorsioni mentali”.
Questa capacità di rappresentarci rappresentazioni mentali altrui è detta “metarappresentazione”.
Su questo dispositivo mentale funzionano le lingue. Più che azionare un banale scambio di bit sembrano
destinate a calarsi in un complesso intreccio di relazioni cognitive tra persone in cui le entità linguistiche
sono solo una parte. Il modello di shanonn e Weaver è ribaltato: né i partners né il contesto sono entità
statiche ma sono il risultato di un continuo processo di informazione.
Gli individui sono alla costante ricerca di informazione nell’ambiente, e ciò in vista di un fine da
raggiungere. Tutte le informazioni,vengono incanalate nella sua memoria a breve termine.
Per comprendere una nuova informazione rintracciamo pertinenze (le cose che hanno rilevanza per la nostra
specie) però, decisivo è il comportamento altrui: il ricevente parte dal presupposto che se l’altro fa qualcosa,
questo qualcosa abbia una ragione e dunque legge ogni suo comportamento come qualcosa che manifesta
l’intenzione di manifestargli qualcosa.
Il tema della comunicazione è legato alla filosofia della mente, concepita come un raffinato dispositivo
intenzionale.
Secondo tale teorie la comunicazione si basa sull’interpretazione. Secondo gli autori ciascun individuo abita
in un ambiente cognitivo costituito da tutti i fatti manifesti ma non a tutti gli individui saranno manifeste le
stesse informazioni poiché non per tutti sono salienti le stesse informazioni per questo spesso la
Anna Carla Russo Sezione Appunti
Fare comunicazione, teoria ed esercizi comunicazione fallisce.
Pertanto, abbiamo sì le nostre lingue e molti codici semplici, ma riusciamo a comunicare molto di più quel
che codifichiamo e decodifichiamo.
Tanti dei problemi che questa teoria solleva, si sono intrecciati con gli studi sull’architettura del cervello
umano.
Ad essa và comunque riconosciuto il merito di aver aggiunto profondità al quadro comunicativo, che resta
però comunque abbastanza complesso.
Infatti restano in ombra in queste teorie sia le specificità linguistiche e testuali, sia i gaps determinati da
asimmetrie socioculturali.
Anche il filosofo argentino Prieto formulò una teoria del genere: la sua idea era che il linguaggio
funzionasse sulla base di sistemi di classificazione dell’esperienza, e che ogni conoscenza comportasse la
formazione di almeno un sistema di classi entro le quali vanno distribuiti gli elementi di informazione.
Notiamo come il concetto di pertinenza sia una bussola importante per rendere conto di come gli umani si
districhino nei processi di comprensione, facendo del capire la risultante di percorsi interpretativi molteplici
e convergenti, nei quali il linguaggio forma il sistema per orientare e guidare il lavoro del cervello.
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi 2. Richiami semiotici : segno, significante, significato, referente
La ‘semiotica’ è una disciplina che deve il suo statuto scientifico all’opera del filosofo pragmatista
americano Peirce e del linguista svizzero Ferdinand de Saussure. Secondo tale disciplina, esistono numerosi
tipi di linguaggi:
- Naturali: come la totalità dei linguaggi degli animali non umani
- Storico-naturali: come le circa seimila lingue parlate oggi sul pianeta coi loro dialetti, ma anche le lingue
segnate dei sordomuti
- Artificiali: dai sistemi di scrittura alfabetica ai linguaggi di programmazione
L’unità-base di un qualsiasi linguaggio è il ‘segno’, un’entità dotata di due piani (biplanare) reciprocamente
vincolati: il piano del significante e il piano del significato.
Il significante è l’insieme degli elementi sensibili che consentono di manifestare il significato.
Il significato coincide con un concetto che include quel oggetto nel suo ambito di applicazione
I segni hanno carattere altamente ‘arbitrario’ nel senso di “non motivati naturalmente”
La nozione di codice ha avuto grande circolazione in semiotica a seguito della diffusione della teoria
cosiddetta “lineare” o ingegneristica della comunicazione proposta da Shannon e Weaver.
È stata utilizzata per costruire e implementare approcci e metodologie di tipo semiotico.
Un codice è un sistema di equivalenze fra gli elementi di due liste
Consente di tradurre (codificare) una lista chiusa di sensi in certe sequenze formali, che fungono da segni;
chi conosce il codice può di conseguenza risalire dai segni al significato, può “decodificarlo”.
La riuscita o meno della comunicazione è fortemente condizionata dalle asimmetrie linguistico-culturali fra i
partecipanti allo scambio comunicativo, non determinano meccanicamente i processi di comprensione di
segni e testi ma hanno un ruolo importante nella comunicazione di ogni tipo.
Il repertorio comunicativo
L’italiano è in sostanza il fiorentino letterario, fissato come norma della lingua scritta nel primo 500 e via
via allargatosi e diffusosi socialmente anche all’uso parlato.
Quanto al dialetto, il nostro paese è, nel quadro occidentale, la realtà più varia e articolata dal punto di vista
linguistico: ogni dialetto del gruppo ‘italoromanzo’ è una varietà diatonica.
Il fiorentino diventò lingua nel XVI secolo, così gli altri volgari diventarono dialetti. Non tutti i dialetti sono
uguali dal punto di vista della percezione sociale. Vi sono parlate locali (ad esempio il napoletano) che
godono di una plurisecolare tradizione e altre sulle quali hanno proiettato un’immagine negativa.
Negli anni 50 il dialetto aveva un ruolo sociale preminente, oggi questo ruolo è saldamente tenuto
dall’italiano, anche se il dialetto non è scomparso come si temeva.
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi Ai dati discussi possiamo aggiungere un’inchiesta sulle abitudini culturali degli italiani:
• Il dato degli italofoni abituali sarebbe riconducibile a coloro dotati di un titolo di studio
• Il dato dei dialettofonici esclusivi sarebbe inferiori a quello di coloro privi di un titolo di studio
• Il dato dei dialettofonici abituali sarebbe formato da cittadini privi o quasi d’istruzione.
E’ comunque difficile esprimere un parere,poiché oggigiorno lingua e dialetto digradano l’una nell’altro.
Per tentare di descrivere la realtà non più discreta, ma continua, del repertorio linguistico italiano,sono stati
proposti vari modelli.
Il più importante fu quello De Mauro (1980), che intendeva che ogni enunciato andasse collocato all’interno
di un sistema di coordinate riferibili:
• All’ampiezza dell’area d’uso dell’enunciato stesso
• Al carattere più o meno formale della realizzazione
• Al mezzo o canale di comunicazione scelto
Può così capitare che un discorso iniziato in italiano formale, discenda a livelli di italiano colloquiale.
In questo quadro così complesso,il dialetto stretto si è via via ammorbidito in forme sovramunicipali e
regionali, ed ha fatto spazio a parole ed espressioni prese dall’italiano.
Infatti, quasi tutti gli italiani aderiscono a una varietà regionale della lingua che si manifesta nella fonetica,
nel lessico, nella morfosintassi.
Il dato và comunque preso con prudenza,perché lascia fuori ampie quote di cittadini e svariate elites
culturali.
Il modello di Tullio de Mauro
Con la sua organizzazione tridimensionale, il modello vuol dare l’idea che ogni enunciato o testo va
collocato all’inserzione di tre diverse coordinate, relative al raggio di estensione geografica della varietà di
lingua (o dialetto), al grado di formalità, al tipo di canale utilizzato
Il modello di Berruto
Enunciati e testi vanno collocati rispetto al sistema delle variazioni ‘diamestiche’ (relative al mezzo),
‘diastratiche’ (relative allo status sociale) e ‘diafasiche’ (relative al registro o grado di formalità)
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi 3. La lingua italiana nei nuovi mezzi di comunicazione: sms, posta
elettronica, Internet
La diffusione di personal computer e telefoni cellulari fino all’uso quotidiano, è stato preparato da una serie
di mutamenti della società italiana avvenuti nei due decenni precedenti.
Lo sviluppo della società dell’informazione in Italia è stato analogo a quello degli altri paesi industriali
avanzati. Si è però manifestata una duplice particolarità, ovvero il dualismo tra scrittura e oralità, nord e sud
del paese. Tra oralità e scrittura ha sicuramente prevalenza la prima, sebbene l’italiano per molti secoli sia
stato una lingua prevalentemente scritta.
La formazione della comunità linguistica, poi, ribaltò tale rapporto, permettendo lo sviluppo di radiofonia e
televisione. La stampa d’informazione, al contrario, è cresciuta in proporzioni più contenute.
Quindi,già prima della diffusione delle nuove tecnologie esisteva quindi un divario: se la televisione si era
potuta espandere senza limiti, la lettura di giornali o libri era confinata in una quota assai più ristretta.
Questa situazione può essere considerata un vincolo morfologico della società italiana che ha agito nel
creare una forte disparità tra la diffusione della telefonia mobile e di internet.
Infatti la diffusione del telefono cellulare è stata molto più veloce della crescita del personal computer, tanto
che già negli ultimi anni del XX secolo ,il numero di cellulari attivi aveva superato le linee fisse.
Se si analizzano questi dati sul territorio, si ha la sensazione che il rapporto tra oralità e scrittura sia allineato
con la media europea al nord, mentre sia diversificato al sud.
Inoltre c’è il fattore dello squilibrio, nell’accesso ai nuovi mezzi di comunicazione, tra classi d’età: infatti
l’uso di internet si è sviluppato maggiormente tra giovani tra i 20 e i 40 anni.
Sotto la denominazione di “comunicazione elettronica” si raggruppano testi e mezzi che hanno molto in
comune tra loro ma che allo stesso tempo sono dotati di specificità.
Analizzeremo i fenomeni linguistici propri di e-mail,chat,sms.
Un tema importante è quello degli effetti stilistici che il cambiamento scrittorio sta avendo nella forma dei
testi. In Italia, è avvenuto a partire dagli anni ’80, e non si può ancora definire completato.
E’stato più volte rilevato come le diverse caratteristiche del mezzo esercitino sul processo di scrittura un
influenza marcata, soprattutto se si guarda alla qualità comunicativa dei testi prodotti.
La centralità della dimensione dialogica nella scrittura elettronica attuale pone le condizioni per la nascita
delle differenze tra testi elettronici e testi tradizionali.
Infatti, tutti gli attuali mezzi di comunicazione elettronica tendono a realizzare una comunicazione sincrona.
La scrittura (mezzo asincrono per eccellenza) si trova oggi usato secondo modi che si avvicinano a imitare
quelli della comunicazione orale faccia a faccia (novità linguistica).
Inoltre questi mezzi stanno cercando di modificare la base sociologica di chi usa lo scritto per comunicare
informalmente (novità sociolinguistica).
Lo scritto elettronico è sentito come più intimo,meno formale,anche rispetto a testi non necessariamente alti.
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi Ma né questa né altre tendenze linguistiche attuali nascono dal nulla,ad esempio il linguaggio giovanile
nasce negli anni ’70 ed arriva fino ad oggi.
L’apertura al modello anglosassone e la permeabilità alle culture locali sono le due più importanti fonti
esterne di arricchimento dell’italiano giovanile.
La pressione dell’inglese internazionale è forte perché si esercita sia nel linguaggio giovanile sia nel
sottocodice tecnico dell’informatica e della comunicazione internazionale.
Così nella cultura brittanica, l’uso di abbreviazioni medievali presentava ancora vitalità (& o @).
E sempre alla cultura britannica, si può allacciare la tendenza a produrre un rapporto biunivoco tra segni
grafici e suoni (si veda l’impiego del K per indicare C o qu).
L’uso acrofonico dei segni grafici latini: il fenomeno per cui una singola lettera non è usata per indicare un
solo suono, come si tende a fare nel nostro sistema di scrittura, ma l’intera sequenza fonetica che costituisce
il suo nome nell’alfabeto; allo stesso modo sono usate cifre numeriche per indicare il suono del nome del
numero a cui queste si riferiscono (xke – C 6).
Gli usi giovanili dell’italiano,hanno anche un’altra particolarità: sono disponibili ad accogliere fenomeni
provenienti da varietà italiane meno prestigiose, ossia dai dialetti e da forme tipiche degli usi colloquiali.
La tendenza principale, è quella di differenziarsi dalla norma linguistica di riferimento, e così l’uso del
dialetto è da interpretare come ricerca consapevole di elementi più espressivi rispetto alla lingua unitaria.
Quindi, più che di ritorno alla dialettalità, si deve parlare di una neodialettalità.
L’Inglese, il dialetto, sono usati in funzione paragergale, piegati all’esistenza di circoscrivere il proprio
gruppo sociale attraverso dei marcatori linguistici che ne differenzino i comportamenti rispetto all’esterno,
non per non farsi capire, ma per mostrarsi e sapersi diversi.
SMS sta per “short message system”.
Si tratta di un breve messaggio scritto (max 160 caratteri) che può essere inviato e ricevuto da un telefono
cellulare, oltre che da un fax o un personal computer.
Il primo, è stato inviato nel 1992 ed ha subito avuto grande successo e popolarità fino ad arrivare nel 2002 a
superare l’utenza di internet e della posta elettronica.
Il motivo sembrerebbe prettamente economico per il basso costo.
Presenta numerosi fenomeni espressivi, come la gergalità grafica. La spinta alla brevità portano all’uso delle
abbreviazioni.
Ci sono tre modi per ridurre la lunghezza grafica di una sequenza:
• Le abbreviazioni per troncamento, ovvero la rappresentazione della sola parte iniziale di una parola, che
possono coinvolgere qualsiasi parola sufficientemente prevedibile del contesto (Dott.)
• Le abbreviazioni per contrazione, ovvero la rappresentazione della lettera iniziale, finale, e alcune interne
di una parola (es. sig.ra), che talvolta sembrano già codificate ed hanno rimandi al sistema medievale
• Le abbreviazioni per sigla (es. P.S.)
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Fare comunicazione, teoria ed esercizi