La virtù della cura
Virtù minore, destino delle donne, la cura ha sempre vissuto nei luoghi d'ombra, nelle stanze interne delle case, nel servizio ai più fragili, nel dolore e nella malattia, ma è stata anche accompagnamento silenzioso e nascosto alla vita pubblica e alle imprese degli uomini, condizione perché esse si realizzassero.
L'opera delle donne
La nostra cultura ci dice che questo è un compito naturale delle donne. Invece non è un compito naturale, è un'opera, la grande opera delle donne. Alle donne viene affidato il compito del mantenimento di un'organizzazione sociale in cui le energie, le forze e le intelligenze femminili sono prevalentemente volte a compiti di affettività, alla soddisfazione dei bisogni umani di attenzione e cura, condizioni indispensabili per la vita di un ordine sociale.
Compiti, tempi e luoghi di vita diversi per i due sessi: il pubblico, come spazio dell'azione e del pensiero, per gli uomini; il privato, i luoghi chiusi, le mansioni, materiali e spirituali, per le donne.
Questa divisione dei compiti è divenuta norma, che ha dettato regole ai destini, individuali e collettivi, di donne e uomini, mutata nei secoli, ma sempre reiterata, essa ha assunto l'aspetto della naturalità. Il solco profondo che divide le vite e le attività definite femminili e maschili, segna anche nella storia la separatezza tra cura e cultura, il loro significarsi in immagine oppositive e da qui l'impossibilità dell'accesso femminile alle attività superiori della mente e il passaggio alla loro incapacità. L'educazione delle donne ha sempre avuto la tonalità dimessa di un sapere e saper fare ripetitivo, silenzioso e imitativo, in modo che la stessa incapacità continuasse a riconfermarsi.
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