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I recenti sviluppi della psichiatria e le misure diagnostiche


All’inizio della psichiatria, Kraepelin e Bleuler introdussero un approccio valutativo tramite il quale il clinico, durante l’intervista psichiatrica, lasciava libero il paziente di determinarne il contenuto e lo svolgimento. Sigmund Freud sottolineò la necessità di una modalità non direttiva nella relazione clinico-paziente, allo scopo di ridurre la soggettività dell’intervistatore e di garantire una maggiore obiettività.
Negli ultimi decenni la psichiatria, soprattutto negli Stati Uniti, ha spostato il focus d’attenzione verso un approccio maggiormente “orientato al sintomo”. Il risultato di questo nuovo orientamento è stato la costruzione di sistemi di classificazione diagnostica come il DSM e l’ICD.
L’esigenza di sviluppare misure diagnostiche strutturate o semistrutturate veniva, inoltre, sollecitata dalle critiche mosse dai ricercatori ai clinici che conducevano l’intervista clinica tradizionale. Alcune delle principali critiche possono essere sintetizzate nei seguenti punti:

- la tendenza del clinico a formulare la diagnosi prima di aver raccolto tutte le informazioni rilevanti;
- la tendenza a raccogliere le informazioni in modo selettivo, privilegiando gli elementi che confermano una diagnosi formulata in partenza e/o la tendenza a ignorare l’informazione che escluda una diagnosi;
- la mancanza di un approccio sistematico nel collegare i differenti tipi di informazione;
- la tendenza a formulare diagnosi o a esprimere valutazione cliniche basate su ciò che è più noto e familiare al clinico;
- la tendenza a stabilire correlazioni tra segni, sintomi e diagnosi che possono essere false o inesistenti, quando non sono fondate su una verifica empirica.

Tratto da PSICOPATOLOGIA DELL'ADOLESCENZA di Antonino Cascione
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