Pancreatite acuta
Processo infiammatorio acuto a carico del pancreas. Il contatto fra enzimi digestivi e tessuti determina il processo autodigestivo del pancreas; i dotti si rompono e si verifica una raccolta di liquidi e proteine all’interno del peritoneo. Ha un’elevata mortalità.
Cause: malattie biliari (che sono più frequenti nelle donne, quindi queste sono più esposte alla PA), alcool, traumi addominali, post-operatorie, post-ERCP, raramente ipercalcemia e iperlipidemia.
Classificazione: lieve o severa.
La pancreatite acuta lieve è caratterizzata da edema interstiziale, ha un decorso clinico favorevole e non presenta insufficienza d’organo né complicanze; progredisce raramente in forma severa.
La pancreatite acuta severa è di tipo necrotizzante, si associa a insufficienza d’organo e/o complicanze (necrosi, ascesso, pseudocisti). Richiede spesso terapia intensiva.
Il quadro clinico è caratterizzato da: dolore epigastrico, nausea, vomito, lieve iperpiressia.
Le complicanze: cardiovascolari (ipotensione), polmonari (insufficienza respiratoria), renali (insufficienza renale), metaboliche (ipocalcemia e iperglicemia che portano a tetania e chetoacidosi)
La terapia ha lo scopo di sedare il dolore, rimpiazzare le perdite caloriche ed elettrolitiche, prevenire e trattare le complicanze. Il paziente va tenuto a digiuno per mettere a riposo il pancreas ma va garantito l’apporto di liquidi. Nelle forme leggere è sufficiente l’uso di analgesici e inattivatori della pompa protonica per 5-7 giorni; nelle forme medio-severe è necessaria in più la terapia antibiotica e la parenterale totale fino alla normalizzazione dei parametri. La NPT deve considerare lo stato settico: le richieste metaboliche del paziente sono aumentate; lo scopo della NPT è reidratare, fornire calorie (no grassi in caso di pancreatite da iperlipidemia), supplementare vitamine, ioni e oligoelementi, normalizzare la glicemia. Il vantaggio è mettere a riposo il pancreas, ma non vanno sottovalutati gli effetti collaterali quindi è necessario passare alla nutrizione enterale.
La rialimentazione è possibile quando si ha la scomparsa del dolore e della resistenza addominale, quando le amilasi sono normali o stabili e il soggetto è esente da complicazioni (febbre, fistola, ecc.). Le prime 24 h si dà acqua, poi liquidi zuccherini per 3- 4 giorni; in seguito alimenti semisolidi ad alto contenuto di carboidrati (superiori al 50%) perché viene ridotta la secrezione di enzimi e non si carica subito il pancreas di lavoro. Il paziente va tenuto sempre sotto controllo.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Lucrezia Modesto
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- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Medicina e Chirurgia
- Esame: Gastroenterologia
- Docente: Testino, Mansi, Picciotto
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