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La terza parte delle vite di Vasari: il trionfo di Michelangelo



Vasari però va oltre. Nel terzo periodo si supera pure l'età antica, che deve inginocchiarsi al trionfo michelangiolesco. In questo periodo si raggiunge la perfezione del disegno, la maniera perfetta che è basata sulla piena libertà di trattamento del modello naturale, sulla “licenza” che dà grazia e varietà sostituendo alla timida copia il “far di maniera” cioè il lavoro libero, vincolato solo da determinate regole artistiche. Vasari indica anche un notevole alleggerimento tecnico della pittura, manifestata nella grande rapidità.
Ma nella seconda edizione torna quella idea di decadenza sottesa nel trionfo dell'età dell'oro. Ecco così una sorta di quarta parte, quella dedicata ai contemporanei, rappresentanti di quel tempo che poi prenderà il nome di manierismo. A Vasari non sfugge la dipendenza servile e totale di questa epoca verso Michelangelo. Critica aspramente le rappezzature e le rappresentazioni disorganiche dei motivi presi da modelli stranieri (ad esempio il Pontormo con Durer). Gli fa cattiva impressionela ricerca del pathos ad ogni costo anche nelle situazioni più indifferenti, i grandi gesti così esagerati da risultare insignificanti, come i “ceffi da diavoli” degli apostoli di Rosso, e lo sforzare la natura e strafare, come negli uomini tutti muscoli del Franco.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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