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L'influenza del libro di A. Billi per il Vasari



In realtà questa ed altre morti Vasari le ha prese dal libro di Billi, ma l'autore del libro di Antonio Billi si limitò a qualche discreto e laconico accenno, mentre Vasari ne tirò fuori un affresco drammatico e grandioso! Quando poi i fatti parlano troppo apertamente male di lui, si toglie dall'impiccio con la stessa maniera. Nella prima edizione, ad esempio, aveva attribuito a Dante il programma degli affreschi di Giotto ad Assisi; nella seconda, informato che Dante era già morto all'epoca, assicura che poteva esserci comunque qualcosa di vero: forse tra amici potevano avere parlato e Giotto ha seguito i suoi ricordi di Dante!
Se poi è guidato da moventi personali o campanilistici, il Vasari si lancia volentieri a briglie sciolte. Ricordiamo ancora l'episodio di nobilitazione del suo antenato Lazzaro o del suo compatriota Margaritone d'Arezzo, che nella I edizione figurava come semplice poeta e nella II diventa un artista universale: pittore, scultore e architetto. Insomma di Vasari va preso per buono solo ciò che si può stabilire con certezza con solide basi documentate.
Vasari è continuamente preoccupato dal dare rilievo plastico ai suoi protagonisti e questo lo conduce pure a dargli nomi. Cimabue, che secondo i documenti ha nome Cenni (ossia Bencivenni), prende nome Giovanni (probabilmente perchè nome del santo patrono di Firenze) già in Villani e Billi ma è Vasari a dare l'imprimatur ufficiale. Antonio Pisanello, Vasari lo chiama Vittorio, e per molti secoli sarà chiamato così.
È chiaro insomma che Vasari non ha la saggia disciplina di Ghiberti e che per lui tradizione aneddotica e novellistica ha pari valore con la tradizione documentata. Diremo di più: la prima ha anzi valore superiore alla seconda perchè più viva e pittoresca. Utilizza, ad esempio, molte novelle del Sacchetti, ancora inedite tra l'altro, ricavandone arbitrariamente dati storici, come il fatto che Andrea Tafi era maestro di Buffalmacco. Oppure pesca sia l'aneddoto di Ghiberti (uno dei rarissimi) su un giovane Giotto che bada alle pecore prima di essere scoperto, sia la stessa del Billi attribuita ad Andrea del Castagno, e le mette insieme, utilizzandole nella prima edizione anche per Andrea Sansovino e nella seconda anche su Domenico Beccafumi. Un aneddoto che arrivò addirittura ai nostri tempi con protagonista Segantini! Vasari ancora attribuisce a Van Eyck la scoperta della pittura ad olio.
Il fatto è che il Rinascimento, per la sua tendenza personalistica, è sempre disposto ad attribuire a singoli personaggi progressi che sono stati universali.


Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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