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Il genere di finzione, l'inizio di Superman




L’inizio di Superman giustifica contemporaneamente che Clark Kent sia dotato di facoltà straordinarie e che le metta al servizio dell’umanità, e il suo salto nel vuoto è verosimile nell’universo di Superman, perché deriva dalle leggi proprie di quel mondo, rese esplicite dalla finzione stessa; allo stesso modo, nelle serie televisive di finzione, il compito di ricordare i presupposti sui quali si costituiscono tutti gli episodi è affidato ai titoli di testa. Più l’universo della finzione si allontana dal nostro, più diventa necessaria l’esplicitazione dei suoi postulati; in questa prospettiva, Pavel propone una tipologia che va dai mondi di invenzione a scostamento massimo, nei quali le azioni sono regolate da proprietà molto diverse da quelle del nostro mondo(fantascienza,..), ai mondi di invenzione a scostamento minimo, nei quali gli avvenimenti narrativi si svolgono in un paesaggio semantico simile alla realtà(sitcom,..). La legge del genere di finzione è la coerenza: per essere giudicati veri, un’azione o un avvenimento non devono corrispondere alla realtà, ma obbedire alle leggi che governano la diegesi organizzando le relazioni tra i personaggi e gli avvenimenti, leggi che permettono allo stesso tempo, di capire gli avvenimenti e le reazioni degli individui. Il criterio d’incompletezza che vi si può ritrovare stabilisce una nuova frontiera tra:
opere volontariamente ambigue, nelle quali la suggestione, le lacune, la non soluzione di determinate fanno parte di un’estetica rivendicata;
opere narrative seriali, che si basano sulla non esaustività dei mondi di invenzione, sempre capaci di svilupparsi verso nuove direzioni proprio a partire dalle lacune della diergsi: personaggi di cui viene ricostruito il passato o che conquistano un ruolo di primo piano.
La dualità dei mondi è una sorta di condizione trascendentale per la comprensione della finzione: la finzione non è mai la prova della realtà, e la realtà non si troverà mai tale e quale nella finzione.
Nell’era in cui la tecnica rende sfumato il confine tra il vero e il falso, la nostra adesione ad un film dipende soprattutto dall’idea che ci facciamo a priori del suo rapporto con il mondo che rappresenta, idea che è veicolata dal genere; ogni genere si basa sulla promessa di un rapporto con un mondo il cui modo o il grado di esistenza condiziona l’adesione o la partecipazione del ricettore: un documento è prodotto in funzione di un determinato tipo di credenza a cui mira il mittente e, di rimando, non può essere interpretato dal destinatario senza un’idea preliminare del tipo di legame che l’unisce alla realtà. L’importanza del confine da noi tracciato tra le immagini che rinviano al nostro mondo, o che a esso si rifanno, e quelle che rappresentano un mondo eventualmente simile al nostro; individuare questo confine è ancora più necessario per ciò che riguarda la televisione, perché sappiamo che trasmette ogni tipo di documenti e che prova un piacere maligno a confondere i nostri punti di riferimento. Che la verità e l’obiettività siano concetti ambigui e contestabili non cambia il fatto che abbiamo bisogno di considerare alcune immagini come vere e che valorizziamo tutti i mezzi tecnici che permettono di conservare l’impronta del mondo senza trasformarlo troppo; che si tratti di letteratura o di cinema, la prima questione che cerca di risolvere il destinatario è quella dello statuto del documento, operazione che serve a precisare il legame tra l’oggetto in questione e il mondo nel quale egli vive.

Tratto da RAPPORTO TRA REALTÀ E FINZIONE di Nicola Giuseppe Scelsi
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