"La corazzata Potemkin" di Ejzenstejn
La messa in scena non mette in relazione inquadrature, ma fonda la propria narrazione sul contrasto tra immagini. Nella vicenda non ci sono protagonisti, ma è il popolo ad essere protagonista. La messa in scena è studiata affinché ogni inquadratura abbia una propria valenza e un proprio spessore mentale, ideologico e sentimentale. Ejzenstein sfrutta la componente patetica ed emotiva con lo scopo preciso di fornire un’identificazione da parte degli spettatori: un’identificazione che non deve mai essere individuale, quindi rivolta ad un singolo, ma collettiva. In tal senso si spiega anche la scelta di porre il volto dei soldati sempre in ombra, nascondendo e negando di fatto la loro umanità. Grazie all’uso del montaggio si verifica una sovrapposizione della durata, vale a dire che dal punto di vista temporale la rappresentazione non è realistica e la durata delle sequenze viene quasi raddoppiata rispetto a quanto dovrebbe normalmente essere. Tutto questo è fatto appositamente per esaltare le potenzialità del montaggio e rendere evidente la presenza di una manipolazione delle immagini e del tempo.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Marco Vincenzo Valerio
[Visita la sua tesi: "La fortuna critica italiana de I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli"]
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Teoria e analisi del linguaggio cinematografico
- Docente: Elena Dagrada
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