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Conoscenza umana condizione di fede in Ildeberto


Ma viceversa è vero anche che la conoscenza umana è condizione della fede; essa infatti non può prescindere  da una base cognitiva. L’esistenza di Dio creatore si può dimostrare a partire dall’esperienza (in risposta a Gaunlione) e precisamente dalla conoscenza che la ragione ha di se stessa come natura finita la cui esistenza dipende da altro, che ha fornito ad essa la sostanza per esistere. Quello che a noi interessa mettere in luce è la concezione ampia che l’autore ha della ratio humana. Essa, che è coinvolta a 360° nel processo di conoscenza, non è distinta dalla ragione dialettica, ma la comprende totalmente insieme alla ragionevolezza teologica. Tale concezione allora è certamente vicina a quella di Anselmo che dà al termine ratio un significato ampio e diremmo onnicomprensivo. Tale concezione è più chiara soprattutto se si fa riferimento ai temi più controversi quali ad esempio quello del rapporto libertà-necessità in Dio e il problema della natura dei sacramenti. Riguardo al primo tema la soluzione del Trattato ribadisce la concezione dell’onnipotenza non come possibilità di far tutto, ma come attributo della perfezione. La volontà allora in Dio coincide con il suo necessario agire secondo il Bene. È sbagliato dunque dire che “Dio può non fare il male” ma bisogna dire che “Dio non può fare che il bene, dunque non può necessariamente fare il male” ma non perché non sia libero, o alla stregua di un essere finito, quanto perché cadrebbe in contraddizione se non fosse pienezza di perfezione.

Tratto da LA DOTTRINA DEI TEOLOGI di Carlo Cilia
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