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Ipotesi di utilizzo del procedimento camerale per la tutela di diritti


Anche qui si procederà per esempi:

1) In primo luogo sono da considerare le ipotesi in cui il legislatore, con riferimento ad inequivoche situazioni di diritto soggettivo, si limita a legittimare il giudice variamente individuato ad emanare provvedimenti aventi forma diversa dalla sentenza senza dire nulla in ordine al relativo procedimento, né in ordine al regime di efficacia e stabilità del provvedimento.
La particolarità delle ipotesi ora in esame è data dal fatto che il richiamo alla procedura camerale in esse manca del tutto, ed è frutto solo di discutibili sistemazioni dottrinali o giurisprudenziali.
A titolo esemplificativo:
- l’ordinanza “non impugnabile” con la quale il giudice istruttore liquida le spese in caso di estinzione del processo;
- il decreto con il quale il giudice di pace con il presidente del tribunale provvede a rilasciare copia autentica di un atto;
- l’ordinanza “non impugnabile” costituente titolo esecutivo con cui il presidente del tribunale liquida le spese e gli onorari degli arbitri in caso di mancata accettazione spontanea delle parti della liquidazione effettuata direttamente da questi.
In tutte queste ipotesi la soluzione più semplice e piana è quella di ritenere che si sia alla presenza dei provvedimenti sommari-semplificati-esecutivi privi di qualsiasi attitudine al giudicato.

2) In secondo luogo sono da considerare quelle ipotesi in cui il legislatore richiama esplicitamente o implicitamente il procedimento camerale.
Anche in queste ipotesi la soluzione più semplice è quella di ritenere che si sia alla presenza di provvedimenti sommari-semplificati-esecutivi.
A titolo esemplificativo:
- le ordinanze non impugnabili con cui il giudice adito per il processo liquida le spese e gli onorari spettanti agli avvocati o procuratori;
- i provvedimenti che provvedono alla revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, il loro mantenimento e gli assegni a favore dei coniugi contenuti nella sentenza di divorzio o conseguenti alla separazione.
Mentre i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli appartengono all’area della sua religione non contenziosa, i provvedimenti sul mantenimento o attengono atti che materie diritto soggettivo e non si comprende perché la tutela di tali diritti debba risultare dimidiata e sottratta alle garanzie della cognizione piena in caso di revisione.
In questo contesto legislativo mi sembra che l’interpretazione più corretta sia la seguente: ritenere che, in materia di revisione dei provvedimenti concernenti il mantenimento, le parti, ferma la possibilità di ricorrere in ogni tempo alla cognizione sommaria, hanno anche la possibilità di avvalersi di un procedimento sommario-semplificato da svolgersi nelle forme della procedura camerale;
- i decreti le ordinanze di imposizione di cauzioni o di garanzie dell’usufruttuario.
Si tratta di ipotesi che si collocano a mio avviso saldamente nell’ambito della tutela cautelare, con queste particolarità:
che per l’emanazione dei relativi provvedimenti richiesto solo il requisito del fumus e non anche del periculum in mora;
che, se la domanda di imposizione della cauzione è proposta prima dell’inizio della causa di merito, la strumentalità della misura cautelare è attenuata in quanto non è previsto che il processo a cognizione piena debba essere instaurato, pena l’inefficacia della misura cautelare, entro un termine perentorio.
Queste particolarità giustificano ampiamente con il rilascio di tali misure cautelari, ove richiesto prima dell’inizio della causa di merito, possa avvenire nelle forme del decreto camerale.

3) Non riconducibili al sistema, sono le ipotesi in cui il legislatore sottopone alle domande relative a taluni specifici diritti o status ad un preventivo vaglio di ammissibilità (cioè di fumus sul loro fondamento in diritto e soprattutto in fatto) da effettuarsi in camera di consiglio.
Appare insanabile la contraddizione esistente tra riconoscimento del diritto di azione inteso come diritto ad ottenere una decisione cognizione piena circa l’esistenza o no del diritto fatto valere in giudizio, da un lato, e la predisposizione in un procedimento camerale tramite il quale respingere le domande che appaiano prima facie infondate o inammissibili, dall’altro lato.

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