Impugnative negoziali e individuazione dell'oggetto del processo e del giudicato
Di grosso interesse pratico e teorico è l'individuazione dell'oggetto del processo e del giudicato in tema di cosiddette impugnative negoziali.
Con questa espressione ci si intende riferire a quel complesso di ipotesi in cui il legislatore ricollega il manifestarsi di effetti giuridici impeditivi o estintivi a più fatti giuridici che possono esistere nello stesso istante, ma il giudicato, che accerti l'impedimento o l'estinzione dell'efficacia di un contratto per uno di tali fatti, preclude la successiva domanda che si fondi su di un altro fatto impeditivo o estintivo.
In concreto: il giudicato il quale pronunci la nullità, l'annullamento, la rescissione del contratto a seguito dell'accertamento dell'esistenza di uno di tali fatti impeditivi o estintivi o preclude la proposizione di una successiva impugnativa negoziale fondata su di un altro fatto non dedotto nel primo giudizio.
Il problema pratico che si pone è il seguente: il giudicato di rigetto dell'impugnativa negoziale basata su un determinato fatto impeditivo o estintivo preclude o no la seconda domanda con cui lo stesso contratto sia impugnato sulla base di un fatto impeditivo o estintivo non dedotto nel primo processo?
Il nostro diritto positivo è affatto muto al riguardo.
Il problema è suscettibile di diversa soluzione a seconda che, a seguito della proposizione di un'impugnativa negoziale, l'oggetto del processo e del conseguente giudicato lo si individui:
- nel diritto potestativo (o nella invalidità dell'atto) a causa del singolo fatto impeditivo o estintivo;
- ovvero nel diritto potestativo (o nella invalidità dell'atto) individuato non sulla base del singolo vizio, bensì sulla base della specie di invalidità o inefficacia (annullamento, nullità, rescissione, ecc…);
- ovvero nel rapporto giuridico dedotto in giudizio.
Nella prima ipotesi il giudicato di rigetto non preclude la successiva azione di impugnativa negoziale con cui si faccia valere un vizio non dedotto nel primo giudizio.
Nella seconda e terza ipotesi il giudicato di rigetto preclude invece la successiva azione di impugnativa negoziale, ancorché fondata su vizi non dedotti nel primo giudizio.
Sono opportune alcune osservazioni.
Innanzitutto è da dire che il problema si pone solo ove la impugnativa negoziale sia fatta valere in via principale: nel caso, infatti, in cui in via principale sia il dedotto rapporto obbligatorio che deriva dal contratto o dal negozio, il giudicato si formerà sull'esistenza (o sull'inesistenza) del rapporto, ed i singoli fatti impeditivi o estintivi dell'efficacia giuridica del contratto o del negozio risulteranno tutti preclusi (anche se non dedotti) in base al principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile.
In secondo luogo il rilievo ora svolto consente di osservare che, ove si volesse argomentare dal principio di corresponsabilità delle parti del processo, si dovrebbe essere indotti a ritenere che nelle azioni di impugnativa negoziale l'oggetto del processo sia l'intero rapporto e non il singolo diritto potestativo: cioè che la proposizione di un'impugnativa negoziale bruci tutti i fatti impeditivi o estintivi dell'efficacia giuridica del contratto o del negozio.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile (modulo primo), a.a. 2007/2008.
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: Andrea Proto Pisani
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