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L’atto di dotazione e le norme sulle successioni ereditarie


Ma questa qualificazione e in ciò risiede l'artificio - è solo nominale, dal momento che all'atto di dotazione patrimoniale, per quanto concepito come atto a sé stante, non si potrà applicare la maggior parte delle norme sulle successioni ereditarie e sui legati: la fondazione disposta per testamento non potrà, come può l'erede o il legatario, rinunciare alla dotazione patrimoniale; e neppure quando la dotazione patrimoniale della fondazione comprenda l'intero patrimonio del fondatore, o sia determinata in ragione di una quota di questo, ci sarà responsabilità della fondazione per i debiti del fondatore, come c'è responsabilità dell'erede per i debiti del de cuius: sarà, insomma, inapplicabile ogni norma che presupponga la qualificazione dei beni come eredità, o della vicenda traslativa come successione a titolo universale.
L'inapplicabilità delle norme sull'istituzione di erede o sul legato si spiega, manifestamente, per il fatto che l'atto di dotazione della fondazione non ha la medesima causa di questi: esso è, a differenza dell'istituzione di erede o del delegato, un'attribuzione patrimoniale che non ha in sé una propria causa, ma la trova nell'atto di fondazione: è, anziché autonomo atto giuridico, elemento integrante un più complesso atto, la disciplina del quale è preordinata alla destinazione dei beni per lo svolgimento di uno specifico scopo di pubblica utilità.
Il punto è che il testamento può contenere altri atti di disposizione patrimoniale che non siano l'istituzione di erede o il legato.
Questa ulteriore figura ha in comune con l'istituzione di erede e con il legato solo il fatto di essere un atto di liberalità: è soggetta solo alle norme che sono dettate per l'istituzione di erede e per il legato (oltre che per la donazione) in quanto atti di liberalità.
La fondazione disposta per testamento solleva il problema della conservazione dei beni di fondazione nelle more del procedimento amministrativo di riconoscimento.
L'art. 3 disp. att. dispone che, su istanza del prefetto, il tribunale può nominare un amministratore provvisorio. La Cassazione ha, tuttavia, avuto occasione di precisare che «il potere del prefetto, ai sensi dell'art. 3 disp. att., di promuovere gli atti conservativi necessari per l'esecuzione delle disposizioni patrimoniali in favore di un ente da istituire deve intendersi limitato alla sola ipotesi in cui l'atto costitutivo o lo statuto dell'erigendo ente non contengano alcuna indicazione circa il soggetto cui sia demandato il compito di amministrare il patrimonio fino al riconoscimento; detta indicazione è infatti pienamente valida ed operante, anche prima dell'atto amministrativo di riconoscimento, in considerazione del fatto che la cosiddetta "dotazione" di beni in favore di un ente nascituro produce l'immediato effetto di destinarli al costituendo soggetto, sottraendoli ad ogni altro potere dispositivo.
Da tali principi deriva che, ove lo statuto di una fondazione, in attesa del riconoscimento della personalità giuridica, devolva al suo presidente l'amministrazione del patrimonio, deve ritenersi giuridicamente inesistente il provvedimento con il quale il tribunale, su istanza del prefetto, nomini un diverso amministratore provvisorio per alcuni beni legati all'erigenda fondazione, e deve conseguentemente ritenersi affetto da invalidità assoluta, opponibile al terzo acquirente, ancorché in buona fede, il contratto con il quale detto amministratore, previa autorizzazione del tribunale, venda i beni legati, trattandosi di atto compiuto da un soggetto del tutto sfornito del potere di rappresentare il venditore».

Tratto da LE PERSONE GIURIDICHE di Beatrice Cruccolini
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