Giurisdizione di legittimità e giurisdizione estesa al merito

Nel processo amministrativo la prima distinzione generale proposta ha riguardato, storicamente, due diverse modalità di tutela degli interessi legittimi.
La legge Crispi del 1889 e soprattutto la riforma del 1907 consideravano infatti, accanto all’ipotesi generale, costituita dalla giurisdizione di legittimità, anche ipotesi particolari, rappresentate da controversie per le quali il giudice amministrativo “decide pronunciando anche in merito” ed ha, perciò, poteri più ampi di quelli ordinari.
Queste ipotesi particolari, corrispondenti alla c.d. giurisdizione di merito, sono costituite da alcuni ordini di controversie, in genere definite in relazione alla impugnazione di determinati atti, individuate tassativamente dalla legge.
Fra le più importanti ipotesi di giurisdizione di merito vi sono:
1. i ricorsi per l’esecuzione del giudicato del giudice civile o del giudice amministrativo (ricorsi per il c.d. giudizio di ottemperanza);
2. i ricorsi contro le ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco;
3. i ricorsi contro gli ordini di riduzione in pristino emanati dal Prefetto;
4. i ricorsi contro i provvedimenti per la c.d. censura cinematografica.
Per quanto riguarda la cognizione, nei casi di giurisdizione di merito, al giudice amministrativo è attribuito il potere di utilizzare testimonianze, ispezioni, perizie e di utilizzare i mezzi istruttori previsti dal codice di procedura civile (e non solo la richiesta di documenti, la richiesta di chiarimenti, le verificazioni e la consulenza tecnica, come è per la giurisdizione di legittimità).
Per quanto riguarda la decisione, va tenuto presente che il giudice amministrativo nella giurisdizione di legittimità può solo annullare l’atto impugnato, che riconosca viziato, mentre nella giurisdizione di merito può anche “riformare l’atto o sostituirlo”.