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Definizione di Agente provocatore del reato


Nel contesto del dolo di concorso può essere esaminata la posizione dell'agente provocatore, e cioè di colui che in varia guisa partecipa ad un fatto di reato al solo scopo di consentire la scoperta e la punizione dei responsabili (ad es., un poliziotto si aggrega ad una banda di rapinatori per consentite la sorpresa in flagranza). Fermo restando che l'agente provocatore non beneficia di alcuna scriminante (quand'anche avesse ricevuto un ordine, esso sarebbe manifestamente criminoso), la sua punibilità finisce col prospettarsi nei seguenti termini:
1.se il reato cui l'agente provocatore partecipa rappresenta nei suoi confronti un tentativo (da bloccare tempestivamente), difetta nell'agente provocatore a dolo, perché egli ha voluto solo il tentativo (e non la consumazione. mentre il dolo del tentativo punibile coincide con quello della consumazione);
2.se il reato deve invece essere consumato, è più arduo ritenere non punibile la condotta dell'agente provocatore, qualora il suo intervento assuma carattere obiettivamente concorsuale.
La difficoltà di ricondurre la condotta dell'agente provocatore nell'alveo di una disciplina dai confini rigorosamente delimitati è peraltro indubbia. D'altro canto, una lotta efficace alla criminalità organizzata implica spesso il ricorso ad agenti provocatori in grado di penetrare nelle maglie del sodalizio. E’ per questo che il legislatore si è risolto a dettare una specifica disciplina per talune, più significative situazioni nelle quali l'intervento di agenti provocatori risulta di maggiore importanza ed incisività. Ipotesi prevista dal DPR 309/1990, in materia di stupefacenti, dalla L. 356/1992 in materia di riciclaggio di danaro e di traffico di armi ed esplosivi, dalla L. 269/1998 in materia di prostituzione e pornografia minorile e dalla L. 438/2001, in materia di delitti commessi con finalità di terrorismo.  
In queste ipotesi si dichiarano non punibili determinati ufficiali di polizia giudiziaria (variamente qualificati per le posizioni funzionari o di servizio), i quali «al solo fine di acquisire elementi di prova» in ordine ai delitti di volta in volta considerati, tengono condotte tipiche alla stregua delle diverse fattispecie (acquisto di stupefacenti, sostituzione di denaro, acquisto di armi, di materiale pornografico e così via). La scriminante sembra assumere la rilevanza di una vera e propria causa di giustificazione.
La conclusione emerge dal nesso di strumentalità fra l'attività criminosa svolta e l'acquisizione della prova, il quale postula un bilanciamento degli interessi, tra fatti repressi (per intervento dell'agente provocatore) e fatti commessi (dall'agente provocatore).  
Inoltre, almeno le prime due disposizioni richiamate dichiarano «fermo quanto disposto dall'art. 51», e paiono dunque collocare la previsione di non punibilità in una dimensione sussidiaria rispetto alla causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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