Concetto e funzione delle circostanze del reato
La norma che prevede la circostanza, “combinandosi” necessariamente con quella che prevede la fattispecie incriminatrice, dà origine ad una nuova fattispecie: la fattispecie circostanziata.
Il c.p. utilizza spesso l'espressione «circostanze» riferendola indiscriminatamente alle circostanze aggravanti o attenuanti ed alle circostanze di esclusione della pena (ad es., art. 59.1) => sarebbero comunque «circostanze proprie».
In senso tecnico, il termine «circostanze» è riservato invece alle sole circostanze aggravanti o attenuanti, che possono essere definite come gli elementi accidentali o accessori del reato, i quali si aggiungono ad una fattispecie incriminatrice già costituita, senza influire sulla sua esistenza giuridica, modificano l'entità della pena, in termini quantitativi e/o qualitativi (comportando il passaggio da una specie di pena ad un'altra: ad es., art. 703 co. 1-2).
In termini positivi, le circostanze debbono dunque implicare una modificazione della pena, o in modo proporzionale (variazione proporzionale => aumento o diminuzione fino ad un certo limite, normalmente fino ad un terzo, della pena inflitta per il reato), ovvero anche mediante una nuova cornice edittale (variazione indipendente), e cioè nuovi limiti minimi e massimi correlati al verificarsi delle circostanze (ad es., art. 625).
Esse non devono peraltro essere confuse con i coefficienti di graduazione della pena previsti dall'art. 133 (c.d. circostanze «improprie»); anche questi concorrono a determinare l'entità della pena in concreto (ad es., in rapporto ai motivi a delinquere: art. 133.2 n. 1, che sono suscettibili peraltro di assumere rilevanza circostanziale se abietti o futili: art. 61 n. 1, o se di particolare valore morale o sociale: art. 62 n. 1), ma si distinguono nettamente dalle circostanze del reato, perché:
a)le circostanze consentono di superare i limiti massimi e minimi previsti dalla legge per il reato, mentre i coefficienti dell'art. 133 esplicano la loro funzione all'interno di questi limiti;
b)i coefficienti dell'art. 133 sono di natura «neutra»: possono cioè orientare la pena tanto verso il minimo quanto verso il massimo, a seconda del valore che assumono in concreto (il grado della colpa: art. 133.1 n. 3, può, ad es., deporre a favore del reo o contro di lui), mentre le circostanze rivestono un significato univoco, o attenuante, o aggravante, secondo la valutazione normativa del loro contenuto intrinseco (la colpa con previsione è, ad es. sempre aggravante: art. 61 n. 3).
In termini negativi, le circostanze si caratterizzano per il fatto di non dovere e non potere essere elementi costitutivi del reato (es., la circostanza aggravante dell'art. 61 n. 10 non può essere riferita al delitto di resistenza, art. 337, perché il contenuto della circostanza è assunto come requisito essenziale del reato).
Ciò pone il problema della distinzione tra circostanze ed elementi costitutivi.
La funzione delle circostanze è duplice.
Da un lato, essa consiste nel ridurre il divario fra l'astrattezza generalizzante della fattispecie normativa di reato, e la varietà delle situazioni esistenziali che ad essa si riconducono, consentendo un migliore adeguamento della pena al caso concreto. Es. un furto (art. 624.1) resta sempre tale, che si riferisca ad un'ingente somma o a pochi spiccioli, che sia commesso per donare ai poveri o per finanziare un sequestro di persona; ma è evidente che queste peculiarità (e le decine d'altre considerate dalle varie circostanze suscettibili di applicarsi al furto), rendono significativamente diverso il reato.
Da un altro lato, la funzione delle circostanze si risolve nello sforzo del legislatore di imbrigliare, dirigere e dominare il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena, attraverso una casistica spesso esasperata e una serie di vincoli tassativi nell'applicazione delle disposizioni circostanziali.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale
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