La riforma e la rettifica del provvedimento di primo grado
La riforma e la rettifica del provvedimento di primo grado
La riforma è uno strumento conservativo ad altissimo spettro di applicazione: è il riesame, compiuto dalla pubblica autorità nei confronti di un provvedimento di primo grado.
L'atto, oggetto del riesame, si presenta viziato perché affetto ab origine da una situazione invalidante il merito, nonché la congruità della sua ponderazione valutativa. Oppure, sempre in sede di riesame, l'amm, procedente avverte l'insorgenza di una inopportunità sopravvenuta che inficia e compromette la continuazione temporale degli effetti. Ovvero, viene rilevata una illegittimità successiva che pregiudica la sopravvivenza del provvedimento, almeno nella sua originaria formulazione.
All'annullamento, alla revoca, all'abrogazione, l'amm. procedente può preferire la riforma con la quale il provvedimento di primo grado, viziato e pertanto invalido, potrà essere così corretto e modificato, superando quel vizio o quella evenienza che ne pregiudicava la sopravvivenza.
L'istituto può applicarsi per il superamento in termini non demolitori, delle evenienza che in diversa ipotesi, non possono che potare all'abrogazione del provvedimento di primo grado.
Il potere di riforma spetta all'autorità che ha agito in primo grado: ma anche a tutte quelle amm. legittimate, nel procedimento di secondo grado, alla revisione integrale del provvedimento, con una competenza che si parifica quella attribuito all'autorità che ha emesso l'atto viziato. Dovrebbe comunque essere legittimata ad esercitare questo potere anche l'amm. gerarchicamente superiore. Il potere sarà sempre esercitato ex officio con l'instaurazione di un nuovo procedimento di secondo grado, in cui si compirà una nuova ponderazione degli interessi, riformatrice della precedente.
Il procedimento di riforma chiude il riesame dell'atto invalido, perché inopportuno o illegittimo, in quanto viziato da eccesso di potere.
Si opera un'eliminazione della situazione invalidante mediante una correzione sostitutiva e/o aggiuntiva, che emenda quel regolamento degli interessi con il quale si è espressa la primaria ponderazione degli stessi. Lo stato invalidante che ha determinato ab origine l'eccesso di potere o l'inopportunità, oppure le sopravvenienze che hanno pregiudicato la sopravvivenza del provvedimento, possono essere rimossa con la sostituzione, quasi sempre parziale, del vecchio provvedimento con un nuovo atto, diverso nella sua formulazione sia per il contenuto che per gli effetti. Tra il vecchio e il nuovo: non si dovrebbe assistere ad una retroattività del secondo nei confronti del primo, trattandosi di una diversa ponderazione riformatrice diretta, nella sua funzionalità. Ad operare pro futuro. Ecco perché gli effetti della riforma aggiungendosi sempre in termini di sostituzione (totale o parziale) sono destinati ad agire ex nunc, mai ora per allora.
Ma il riesame, anziché concludersi con la riforma, potrà diversamente risolversi con un provv. di rettifica, quando l'atto provvedimentale di 1' grado è affetto da una semplice irregolarità, non invalidante né il suo merito, né la sua legittimità. Con la rettifica si può procedere alla correzione di questi errori materiali nella loro rappresentazione grafica riassunta nel documento. Si salva così la sorte del provv. regolare, che potrebbe essere avviato ad uno sproporzionato annullamento.
Quanto agli effetti della rettifica: la sua forza è ex tunc, coniugandosi l'effetto della regolarizzazione con il momento temporale dell'emanazione dell'atto rettificato (devono essere tutelate comunque le posizioni del terzo, ovviamente in buona fede).
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto amministrativo
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