La capacità d’agire nel diritto tributario
Necessario complemento della capacità giuridica è la capacità d’agire, ossia la capacità del soggetto di esercitare le posizioni giuridiche soggettive di cui egli sia titolare.
Invero, sono rinvenibili in seno all’ordinamento situazioni in cui colui che ha la capacità giuridica è tuttavia privo della capacità d’agire o la possiede in misura limitata; onde soccorre l’intervento sostitutivo di un rappresentante legale o quanto meno integrativo.
Queste situazioni assumono piena rilevanza anche nel diritto tributario.
Ci riferiamo al minore e all’interdetto, rappresentati nel compimento di tutti gli atti giudiziari inerenti alla loro sfera soggettiva dai genitori o dal tutore; al minore emancipato e all’inabilitato, che limitatamente agli atti di straordinaria amministrazione abbisognano dell’assistenza del curatore.
Diversa è la situazione del fallito, essendo la dottrina più recente ed avvertita ormai decisamente orientata a ritenere che il curatore fallimentare non possa considerarsi in realtà il rappresentante legale del soggetto sottoposto a siffatta procedura concorsuale.
Quanto sopra vale per le persone fisiche, mentre per i soggetti diversi, il fenomeno assume connotati specifici e differenti.
Il soggetto legittimato ad esternare la volontà dell’ente non è legato a quest’ultimo da un rapporto rappresentanza bensì di immedesimazione organica: con la conseguenza che la persona fisica preposta all’organo competente non tanto agisce in nome e per conto dell’ente, ponendo peraltro in essere attività e comportamenti che restano suoi propri quand’anche i relativi effetti si producano in capo al rappresentato, bensì è lo strumento di esplicazione dell’attività dell’ente, cui pertanto quella stessa attività è direttamente riferibile insieme agli effetti.
Il novero estremamente ampio degli enti ai quali è attribuita la soggettività tributaria ha indotto il legislatore a formulare una norma di chiusura, in forza della quale è consentito individuare il soggetto cui viene riconosciuta la rappresentanza in colui che ha l’amministrazione anche di fatto dell’ente in questione.
Per concludere il discorso sulla rappresentanza, merita ribadire che, ferma restando l’imputazione dell’obbligazione di imposta in capo al solo rappresentato cui soltanto è riferibile la manifestazione di capacità contributiva assoggettata all’imposta, in talune ipotesi il legislatore tributario fa assurgere il rappresentante legale al rango di responsabile d’imposta.
Alcune precisazioni vanno fatte con riguardo agli obblighi formali e strumentali che si accompagnano all’esistenza ed attuazione del rapporto obbligatorio di imposta.
È convinzione della dottrina che l’incapacità di agire riguardi la sfera degli atti negoziali ma non quella degli atti giuridici dovuti, che pertanto possono essere validamente posti in essere dal soggetto privo di detta capacità.
Orbene, il legislatore tributario, per comprensibili esigenze di certezza e di maggiore garanzia degli interessi della finanza, addiviene talora a spostare l’imputazione soggettiva degli obblighi in questione dal soggetto passivo di imposta al rappresentante.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Tributario, a.a. 2008/2009
- Titolo del libro: "Manuale di diritto tributario" di P. Russo e "L'imposta sul valore aggiunto" di F. Padovani
- Autore del libro:
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