Riassunto del libro "Ecologia dei media. L'insegnamento come attività conservatrice". Si prende in esame la critica di Neil Postman in merito al concetto di istruzione, alle sue conseguenze, la funzione dell'educazione e le sue caratteristiche principali.
Ecologia dei media
di Giada Pierallini
Riassunto del libro "Ecologia dei media. L'insegnamento come attività
conservatrice". Si prende in esame la critica di Neil Postman in merito al
concetto di istruzione, alle sue conseguenze, la funzione dell'educazione e le
sue caratteristiche principali.
Titolo del libro: Ecologia dei media. L'insegnamento come
attività conservatrice
Autore del libro: Postman Neil
Editore: Armando Editore
Anno pubblicazione: 19991. Biografia di Neil Postman
Neil Postman nasce nel 1931 da famiglia ebraica. Spende gran parte della sua vita adulta in ambiente
accademico: dopo la laurea nel 1953 alla State University (NY), consegue prima il master e poi il dottorato
di ricerca presso la Columbia University e, a un anno di distanza (1959) comincia a insegnare alla NY
University. E' questa sede a vedere i natali del primo corso in Ecologia dei Media, da lui fondato nel 1971.
La sua linea di pensiero è fortemente influenzata dagli studi del celebre sociologo canadese Marshall
McLuhan, noto per aver coniato alcuni topoi della comunicazione di massa, come il villaggio globale
(dall'opera omonima del 1968), l'articolata distinzione tra media caldi e freddi (la cui temperatura fa
riferimento al grado proporzionale tra definizione del mezzo e partecipazione del soggetto) e la celebre
affermazione che mette in risalto le fortissime capacità pervasive dei mezzi di comunicazione,
indipendentemente dal messaggio veicolato: il mezzo è il messaggio. Pubblica centinaia di articoli e 18
volumi dai titoli radicali, tra cui:
– Teaching as a Subversive Activity (1971)
- Crazy Talk, Stupid Talk (1976)
– The disappearence of childhood(1982)
– Amusing ourselves to death (1985), probabilmente il suo volume più conosciuto
– Technopoly(1993)
- The End of Education (1999)
Muore a NY nel 2003 per un cancro ai polmoni.
Giada Pierallini Sezione Appunti
Ecologia dei media 2. Il movimento di riforma scolastica degli anni Sessanta
Nel 1971, alla Fordham University di Bronx fu tenuto un convegno sui problemi educativi, una Konference
(la K stava ad indicare l'espressione rabbiosa di ribellione) destinata soprattutto ai critici radicali.
Non avendo idee radicali da proporre, Postman utilizzò i 30 minuti a sua disposizione presentando un
insolito programma per la scuola superiore. Il pubblico, non soddisfatto, si fece ostile accusandolo di essere
uno dei tanti corrotti dal modo di vivere americano.
Alla 57th Street era ormeggiata la nave Wasp coi ponti carichi di aerei pesanti con destinazione Vietnam.
Per un critico del sistema educativo, si sosteneva, non c'era altra risposta oltre che far saltare la Wasp: non si
può migliorare una classe finché non si migliora una scuola, e per far questo bisogna migliorare la comunità,
ma per farlo si deve migliorare la società da cui essa deriva; il lavoro di un critico educativo, secondo questa
visione, doveva cominciare dall'alto.
Il Deschooling Society di Ivan Illich (a cui Postman fa spesso riferimento, giudicandolo infruttuoso)
rappresentò la fine del movimento di riforma scolastica: Illich concluse che le scuole non erano riformabili e
che la strada migliore fosse quella di abolirle del tutto (l'equivalente di far saltare in aria la Wasp).
Perché il movimento di riforma scolastica si concluse con questi assurdi voli di fantasia?
Gli scritti del movimento di riforma degli anni Sessanta avevano iniziato a proporre alternative di natura
pratica: andava in questo senso il lodevole testo di John Holt, How Children Fail, una descrizione del
comportamento e dei sentimenti degli alunni delle scuole elementari che evidenziava come l'esperienza
scolastica fosse contraddistinta da noia, confusione e paura di non trovare la risposta esatta, di non capire
certe cose come tutti gli altri, di distinguersi, di non distinguersi, del biasimo, del ridicolo, dell'insuccesso.
Holt non è un filosofo dell'educazione, e non lo erano nemmeno Dewey, Kilpatrick, Count, Rugg, Hook.
Nessuna ideologia li vincolava, nessun piano di ricostruzione sociale, né una chiara visione del futuro. Erano
"critici ad hoc", insegnanti, giornalisti, psicologi, genitori che si sentivano offesi dal sistema scolastico.
Seppur con i propri punti deboli, erano critici duri, realisti, almeno nei primi tempi. Muovevano
dall'esperienza di vita reale dei fanciulli a scuola e le loro critiche erano rivolte ai metodi; attaccavano il
curriculum, la mentalità industriale, i voti, le prove standardizzate, la burocrazia scolastica, il
raggruppamento omogeneo. Alcuni giunsero a proporre alternative, ma non sempre spunti realistici.
Il movimento finì di colpo, come un acquazzone estivo che coglie tutti di sorpresa e non lascia tracce.
Postman fa delle supposizioni su cosa possa essere successo:
- la fine della guerra del Vietnam1 inaridì le sorgenti del vero risentimento;
- tra coloro che si interessavano sul serio della scuola vi fu una comprensione insufficiente della complessità
della scuola come istituzione sociale. La scuola non è luogo di una semplice interazione docenti-studenti, è
il luogo in cui si negoziano le richieste di interessi politici, sociali, economici;
- alcuni critici erano degli utopisti, cercarono un cambiamento totale: Illich riflette perfettamente questo
Giada Pierallini Sezione Appunti
Ecologia dei media difetto funesto;
- molti critici nutrivano un disprezzo assai marcato per insegnanti ed amministratori pubblici, ossia per
coloro che dovrebbero portare a termine le riforme proposte. Molti critici soffrivano del complesso del
"soltanto io capisco" e non si diedero troppo da fare per fornire agli insegnanti materiale e metodi che
riflettessero dei cambiamenti; allo stesso tempo la popolazione scolastica veniva guardata come attraverso
una lente, in modo irrealistico, come un luogo di adulti ottusi dediti a opprimere fanciulli puri di cuore ed
istintivamente umani;
- troppo pochi erano i critici che avevano rapporti ufficiali con la scuola e con le istituzioni deputate a far
penetrare le loro idee all'interno dei sistemi educativi (tra le altre cose questo significa che non si
"guadagnavano da vivere" facendo i critici dell'istruzione);
- sorse in concomitanza al movimento di riforma scolastica, quella che potrebbe essere definita Età
dell'Automiglioramento: in senso moderno migliorare sé stessi significa ripiegarsi sui propri sentimenti,
scrollarsi le proprie inibizioni, esorcizzare la colpa, non dire sì quando si vuol dire no. Ne "soffrirono"molti
tra i giovani che all'inizio rappresentavano gli alleati naturali del movimento, che si allontanarono dall'arena
sociale verso i mulini a vento delle loro menti. Giacchè l'azione sociale e il "guardarsi la pancia" non vanno
d'accordo, privi di un sostegno di giovani energici, i critici della scuola erano disarmati;
- il declino della situazione economica condusse a riduzioni e blocchi del personale della scuole: quando si è
preoccupati di trovare e conservare un lavoro, non si diventa critici sociali di prim'ordine.
La critica scolastica è un lavoro stagionale. C'è un flusso e un riflusso nel pubblico interesse per l'istruzione
e, come le onde, non scompare mai del tutto.
Postman sceglie di parlare di quello che giudica il problema più importante: cosa si dovrebbe insegnare.
Il libro si divide in 3 parti:
– nella prima si stabilisce il principio generale in base al quale dovrebbero essere assunte le decisioni su
cosa insegnare;
– nella seconda (che si compone di 5 capitoli) cerca di individuare i problemi ai quali l'insegnamento deve
rispondere;
– nella terza (6 capitoli) offre proposte sul modo in cui si potrà procedere. Forse – conclude – non ci serve
un nuovo movimento, ma solo una buona conversazione.
Giada Pierallini Sezione Appunti
Ecologia dei media 3. L'influenza della cultura nella filosofia dell'educazione
Nell'Australia occidentale esiste un gruppo di aborigeni che sopravvive più o meno integro da 20.000 anni.
Anche se non pensano di avere una filosofia dell'educazione, hanno prodotto il tipo di gente necessario per
vivere nelle condizioni di quella cultura, senza avvertire il bisogno di innovazioni, alternative, almeno fino
ad oggi.
Se i nostri antropologi ed i nostri media vi si intromettessero, la loro cultura finirebbe in disparte, come
travolta da bulldozer. La sua immutata utilità è resa possibile dal fatto che pochissimi cambiamenti si sono
prodotti nella società in cui sopravvive: la filosofia dell'educazione è stata elaborata inizialmente, una volta
per tutte.
Nella nostra società non si può né si dovrebbe concedere a una filosofia dell'educazione un tempo così
lungo: troppe cose si muovono, c'è troppo da fare e disfare, attraverso l'educazione.
Abbiamo a disposizione una varietà di filosofie e siamo abituati a discutere, ogni tanto, del loro valore.
L'istruzione è una risposta della cultura alle richieste di un'epoca particolare.
Giada Pierallini Sezione Appunti
Ecologia dei media