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Il suicidio di Raul Gardini

23 luglio 1993

Raul Gardini, dopo aver letto i giornali e chiesto la colazione al suo maggiordomo, estrae dal cassetto della scrivania la sua pistola a si spara alla tempia. Egli muore durante il trasporto all'ospedale.
Questo secondo suicidio, che segue quello di Gabriele Cagliari, ha l'effetto paradossale di far ritornare le indagini della magistratura al loro corso naturale; infatti Gardini non si è ucciso in carcere, ma nella propria abitazione.
Il giorno stesso il Procuratore Capo Borrelli tiene una conferenza stampa nella quale, dopo aver espresso sgomento per il suicidio di Gardini, dopo avere ribattuto agli attacchi che piovono dal Parlamento sulla conduzione delle indagini, dopo aver ribadito che le inchieste non subiranno alcuna pausa, afferma che «è molto inquietante che le indagini sull'affare Enimont siano segnate da un triplice marchio di morte. Dico triplice marchio di morte perché già l'inizio dell'indagine è stato segnato dalla morte di Sergio Castellari».
Sempre in data 23 luglio, la Guardia di Finanza esegue gli arresti dei due cognati di Gardini, Sama e Giuliani Ricci (quest'ultimo viene rilasciato il giorno stesso). La decisione di Sama, rinchiuso nel carcere di Opera, è quella di collaborare con i giudici e nello spazio di pochi giorni rivelerà particolari molto importanti sia sulla vicenda Enimont, sia su altri episodi in cui è stato coinvolto il Gruppo Ferruzzi.

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