Questi appunti trattano della riflessione pedagogica in tema di valutazione scolastica. Perché la questione valutativa è diventata quasi un tabù all'interno della scuola? Come sono cambiati gli obiettivi della valutazione? Quali valenze pedagogiche possono assumere i giudizi?
La valutazione in ambito scolastico
di Anna Bosetti
Questi appunti trattano della riflessione pedagogica in tema di valutazione
scolastica. Perché la questione valutativa è diventata quasi un tabù all'interno
della scuola? Come sono cambiati gli obiettivi della valutazione? Quali valenze
pedagogiche possono assumere i giudizi?
Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
Facoltà: Scienze dell'Educazione
Corso: Scienze dell'Educazione
Esame: Didattica1. La valutazione come oggetto tabù
La valutazione è da sempre uno dei temi pedagogici più trattati ed è argomento ben presente nei discorsi,
fuori e dentro la scuola, di tutti i protagonisti dell’esperienza scolastica. Ciò che viene eluso nei discorsi
della scuola è la riflessione, gli interrogativi, il senso e le scelte che il valutare comporta all’interno di
processi educativi e di istituzioni scolastiche.
Per gli insegnanti una parte considerevole dell’attività in classe lavoro collegiale con i colleghi, del rapporto
con le famiglie è dedicata a qualcosa che ha a che fare con la valutazione: prove, interrogazioni, compiti,
esami, scrutini, bilanci e analisi della situazione nei consigli di classe, colloqui, udienze, consegna di schede
di valutazione. E tutto ciò complica e richiede confronti, scelte, interpretazione delle normative, discussione,
progettazione, ma in realtà lasciano inespressi i grandi interrogativi pedagogici su natura, senso, e scopo
della valutazione.
Per allievi la valutazione è una realtà talmente avvertita presente nel vissuto dell’esperienza scolastica da
divenire una dimensione caratterizzante del loro essere scuola.
Ciò che esce dalla scuola e si immette e intreccia con le trarne di vita, con le relazioni famigliari e amicali
sono essenzialmente discorsi che parlano di giudizi, di successi o fallimenti.
Anche tra gli studenti sembra difficile rinvenire occasioni e situazioni in cui la valutazione sia oggetto
complessivo di pensiero, di riflessione, segnali una posizione di condivisione e di partecipazione alle
pratiche valutative, e riveli la consapevolezza del significato e delle implicazioni per sé dell’essere oggetto
di valutazione. Il controllo e il giudizio sono vissuti come esigenza che appartiene «naturalmente» alla
logica del sistema scolastico molto più che a sé e al proprio bisogno di riscontro del processo di formazione
e crescita. Anche per il terzo protagonista della scena scolastica, la famiglia, il rapporto con la valutazione è
intenso e continuo. L’attenzione e la partecipazione alla vicenda scolastica passano prevalentemente
attraverso il filtro dei risultati, dell’espressione di giudizi. Ma anche per la famiglia è difficile raro l’accesso
a occasioni in cui poter cogliere in tutta la sua complessità e problematicità educativa la funzione valutativa
e le sue logiche interne.
L’aspetto tabù della valutazione riguarderebbe perciò proprio l’impossibilità o quanto meno la difficoltà di
un discorso pedagogico esplicito e condiviso che la riconosca come dimensione intrinseca e fondante della
relazione educativa e non, come più spesso accade, come una funzione specializzata che ha effetti sulla
relazione educativa.
L’atteggiamento valutativo produca necessariamente una decisa asimmetria relazionale tra valutatore e
valutato che compromette gravemente la possibilità di una comunicazione felice e produttiva ai fini della
costituzione e del rinforzo del senso di sé.
Anna Bosetti Sezione Appunti
La valutazione in ambito scolastico 2. La valutazione come oggetto ambiguo
Gli aspetti di ambiguità della valutazione scolastica sono molti: riguardano in primo luogo il suo significato
all’interno del processo di formazione e da qui investono la qualità della relazione educativa.
Vi è innanzitutto la contraddizione, per l’insegnante che valuta, tra lo stabilire meriti e demeriti individuali e
accogliere e accettare invece i percorsi diversi dei singoli. E questo rimanda all’ambiguità tra l’attribuire la
responsabilità di ciò che accade ad altri (l’allievo, i condizionamenti esterni, il curriculum pregresso) o
invece l’assumere il dato rilevato come realtà che interroga tutto il processo educativo, e quindi tenere il
risultato del controllo dentro alla vicenda educativa in atto. C’è poi l’ambiguità che nasce dallo
sdoppiamento tra la valutazione «buona» che informa, guida, orienta, comunica, crea rapporto tra educatore
e allievo, e la valutazione «cattiva» che sanziona, punisce, allontana e separa, inquina la relazione e
l’immagine di sé. In sostanza l’ambiguità risiede nel fatto che la presenza del controllo nel rapporto
educativo esprime ed è sentito dal valutato come il potere di giudicare e decidere sulla persona, e vanifica
perciò la possibilità di una relazione buona e sana.
Tutti gli aspetti di ambiguità della valutazione scolastica ripropongono sostanzialmente una serie di
domande di ordine pedagogico non solo riguardo alla funzione valutativa ma al significato stesso della
scuola e della relazione educativa.
L’interrogarsi sul come comunicare gli esiti di una valutazione (voti, giudizi o altro) avrebbe poco senso se
non si fosse preventivamente affrontato ed elaborato il problema della funzione che si vuole assegnare alla
conoscenza, da parte di allievi e famiglie, dei risultati di apprendimento, della posizione nel percorso
formativo, del giudizio che la scuola ne dà.
Anna Bosetti Sezione Appunti
La valutazione in ambito scolastico 3. La valutazione come oggetto molteplice
La valutazione contiene per sua natura una complessità difficilmente riducibile a soluzioni lineari, a risposte
univoche, a protocolli d’azione certi. Ciò rende impegnative le scelte su come realizzare la funzione
valutativa ma rende anche difficile il parlare e il pensare alla valutazione. La natura complessa della
valutazione si esprime in particolare in tre grandi ordini di domande che riguardano la sua identità (che
cos’è, che cosa contiene, di quali elementi e variabili si compone), la sua ragione d’essere (quali sono le sue
funzioni essenziali) e i suoi valori di riferimento (quali criteri guidano le sue scelte).
Il discorso si fa difficile perché tutti gli elementi della valutazione sono contemporaneamente presenti, si
sovrappongono, si sostituiscono uno all’altro come centro dell’attenzione, si confondono. Si parla di
valutazione facendola coincidere con i voti.
La valutazione è il voto, sono gli esami, è il verdetto finale, è una fase della programmazione, è il controllo
dei risultati di apprendimento, è il test di verifica, è l’interpretazione della situazione di un allievo, è il
bilancio dell’attività didattica, è la scelta progettuale dell’insegnante, è la relazione valutativa tra insegnante
e allievo, è l’immagine che si ha di un allievo, è un compito burocratico da adempiere. La valutazione è
l’insieme di tutti questi elementi, e di molto di più.
Gli scopi della valutazione, gli strumenti di verifica, i comportamenti o le qualità che sono oggetto della
valutazione, la comunicazione dei giudizi, sono altrettanti elementi che devono essere prima individuati e
distinti nella loro peculiarità e ruolo, ma poi riconnessi e integrati da uno sguardo superiore che li
ricomprenda e dia loro significato in una visione pedagogica della funzione valutativa.
Riguardo alla ragion d’essere della valutazione, la complessità nasce dalla compresenza in essa di una
funzione pedagogica di regolazione del processo educativo, di una funzione burocratica di certificazione di
competenze, di una funzione didattica di informazione su obiettivi raggiunti, di una funzione relazionale di
comunicazione di immagine e di aspettative.
Un’ulteriore fonte di complessità è la gamma di possibili criteri guida, ovvero le diverse condizioni e gli
argomenti con cui assicurare e garantire la validità, la correttezza, l’efficacia della valutazione scolastica.
C’è innanzitutto un sapere pedagogico che riflette su funzioni e significato della valutazione all’interno dei
processi formativi. C’è un sapere scientifico e tecnico della valutazione che accampa richieste di rigorosità,
attendibilità, validità delle pratiche e dei giudizi. C’è anche un’istanza etica che chiede di fondare le proprie
scelte sulla responsabile adesione a una qualche concezione di giustizia. E c’è poi un sapere psicologico,
attento in particolare agli effetti della dinamica valutativa, e che perciò considera soprattutto la valenza
strumentale della valutazione nel determinare motivazione o demotivazione, orientamento, conferma e
rispecchiamento, o dispersione, perdita di senso e di identità.
E ancora c’è una logica burocratica, che rimanda alla funzione di certificazione e impone quindi tra i criteri
la responsabilità di usare la valutazione per garantire alla società adeguatezza, realizzazione di risultati,
classificazione e gerarchie dei prodotti del sistema scolastico.
Infine c’è un sapere scientifico delle discipline scolastiche, e delle loro didattiche, che suggeriscono
definizioni di competenze, strutture e sequenze del percorso di acquisizione della conoscenza.
Se nel valutare si debba seguire un criterio o l’altro è un interrogativo aperto in chi deve valutare nella
scuola. La risposta, nelle scelte individuali, è probabilmente più spesso di coniugare o mediare più criteri
diversi, di privilegiare di fatto quelli più vicini e affini all’impostazione complessiva della propria azione
formativa.
Anna Bosetti Sezione Appunti
La valutazione in ambito scolastico