La valutazione nel processo e nella relazione formativa
I modelli di formazione impliciti nell’attività scolastica dal modello tradizionale che propone la formazione come trasmissione- acquisizione di conoscenza, presupponendo che l’attività dell’insegnare sia causa efficiente dell’apprendere e che il discorso altrui si trasformi in incremento di sapere, discende necessariamente un modello di valutazione tesa a verificare la riproduzione di ciò che si è appreso, e un modello di relazione tra valutatore e valutato di totale asimmetria e verticalità tra chi sa «la risposta giusta» e chi deve dimostrare di averla imparata.
Nei modelli razionalistici di formazione che accolgono ampiamente la visione comportamentista e le logiche programmatorie, si afferma l’istruzione come apprestamento di sequenze ordinate di occasioni (li conoscenza e la valutazione diviene lo strumento essenziale di autoregolazione del processo e fi verifica puntuale della corrispondenza tra obiettivi e risultati. Quando, con il cognitivismo maturo e la visione strutturalista del processo formativo, la scena della formazione si allarga a comprendere le molteplici variabili che fanno formazione e si riconosce al soggetto una più attiva responsabilità nel determinare la propria formazione, la valutazione estende il suo oggetto e abbandona le pretese oggettivanti e quantificanti per accedere alla rilevazione dei fenomeni più complessi che si producono nel campo di osservazione e nel corso del processo.
Siamo ora confrontati con modelli pedagogici evoluti di formazione che, recependo le istanze del costruttivismo, della teoria sistemica e della complessità, dell’ermeneutica, vedono la formazione come un processo di elaborazione dei (lati di realtà che avviene nell’interazione tra soggetti che producono e negoziano significati e interpretazioni dell’esperienza. Questo approdo attuale dei modelli di formazione chiede una valutazione che sia ricerca, lettura, interpretazione rivolta più al processo che al prodotto, più al sistema di relazioni intersoggettive che al singolo individuo.
Se poi pensiamo ai modelli di relazione educativa, per interrogarci sulla valutazione, vediamo emergere oggi l’esigenza di un rapporto educativo che permetta la comunicazione a due vie tra insegnante e allievo, che realizzi la condivisione dell’esperienza, lo scambio e il confronto sui significati di essa. Un rapporto che promuove la conoscenza perché trasmette, insieme alle informazioni, idee e punti di vista sulle informazioni, perché fornisce contenuti come dati di un problema con cui rapportarsi in modo critico. Il ruolo dell’insegnante si configura in questo modello di relazione come quello di chi accompagna, sostiene, la crescita e lo sviluppo di conoscenza suggerendo schemi di azione e strategie di soluzione. C’è anche, nell’asimmetria di saperi e di esperienza, una simmetria di ruolo e di atteggiamento perché entrambi apprendono: l’allievo nuovi contenuti e nuove strategie mentali, l’insegnante nuovo sapere su come gli allievi apprendono, su come si rapportano alla situazione formativa e agli oggetti di conoscenza.
L’insegnante che valuta sta dentro la relazione e dentro il processo: l’osservazione e la valutazione devono perciò comprendere anche lui. La valutazione diviene anche autovalutazione dell’insegnante, valutazione condivisa con l’allievo e valutazione dell’azione educativa.
Un altro aspetto del processo educativo che deve essere in relazione stretta con il modello di valutazione adottato è il tipo di apprendimento che la scuola si propone di favorire. A seconda di come la scuola definisce un buon apprendimento, e di quali condizioni crea per promuoverlo, si potranno progettare modi di valutazione coerenti e adatti.
Il modello di apprendimento che si propone ora alla scuola è un modello lontano dal possesso di conoscenze dal dominio esclusivo del cognitivo. La concezione attuale dell’apprendimento lo definisce essenzialmente come azione e relazione: ciò significa pensare ad esso come a una attività, di ordine cognitivo-affettivo, che si realizza nell’interazione con gli altri e attraverso la condivisione sociale di esperienze e dei significati delle esperienze. E l’apprendimento, per essere autentico, deve essere anche meta-apprendimento, ovvero riflettere su di sé, sui propri modi di conoscere, sulle strategie usate, deve essere consapevole del proprio procedere ed esperto di come è arrivato, o no, a sapere, a risolvere problemi.
La valutazione diviene un processo dialogico e condiviso. Occorre che la valutazione rilevi sì le risposte dell’allievo, ma anche il modo in cui è arrivato a produrle.
Componendo le indicazioni che ci provengono dall’aver molto sommariamente tratteggiato i modelli e le concezioni più attuali e più validi. Emerge infatti un’ipotesi di valutazione attenta ai processi oltre che ai prodotti, ai modi in cui l’allievo apprende oltre che alla correttezza delle sue risposte, fondata sull’osservazione diacronica oltre che su strumenti di verifica puntuale.
Una delle definizioni più efficaci date dalla ricerca attuale sull’apprendimento parla di «apprendistato cognitivo» per definire una buona situazione di formazione e di relazione che promuove apprendimento autentico.
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Dettagli appunto:
- Autore: Anna Bosetti
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Scienze dell'Educazione
- Corso: Scienze dell'Educazione
- Esame: Didattica
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