Presupposti per l'assunzione della qualità di imputato: a) l'individuazione e l'identificazione del soggetto
Primo presupposto affinché un soggetto possa assumere la qualità di imputato è l'individuazione di esso, cioè la enucleazione della persona alla quale viene attribuito il reato dalla moltitudine indifferenziata.
L'ipotesi normale è che o attraverso gli elementi contenuti nelle notizia di reato o in sede di indagini preliminari si giunga all'individuazione del soggetto.
È frequente però che la persona alla quale dovrebbe attribuirsi il reato non si riesca ad individuare, e si determina la situazione del “reato commesso da ignoti”: l'art. 415 comma I dispone che quando è ignoto l'autore del reato, il pm, entro sei mesi dalla data della registrazione della notizia di reato, presenta al giudice richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini.
Individuato fisicamente il soggetto nei cui confronti operare l'imputazione del fatto costituente reato, si pone l'esigenza che lo si individui anagraficamente, che lo si identifichi.
L'identificazione avviene, secondo regola, attraverso le generalità che l'imputato è tenuto a dichiarare all'autorità giudiziaria sin dal primo atto in cui egli è presente (art. 66 comma I).
Può accadere che l'identificazione non sia facile a ottenersi o perché la persona stessa non sia in grado di fornire le proprie generalità o perché si rifiuti di farlo: in tal caso l'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell'autorità procedente (art. 66 comma II); il tutto a condizione che la persona sia stata fisicamente individuata.
Può verificarsi, ancora, che erronee generalità siano state attribuite al vero imputato: si rimedierà col tipico rito, in camera di consiglio, della correzione degli errori meramente materiali, effettuando la rettificazione pura e semplice delle generalità (art. 66 comma III).
Un'altra eventualità è che nel corso del processo sorga dubbio sulla identità fisica della persona contro la quale si sta procedendo, cioè che la persona identificata sia diversa da quella individuata. In tal caso (art. 68), in ogni stato e grado del processo, il giudice, sentiti il pm e il difensore, pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato. Si tratta di un proscioglimento a contenuto processuale, in quanto non fondato su un accertamento che abbia valutato un determinato comportamento in termini di liceità o illiceità penale.
È possibile che il dubbio investa l'età dell'imputato (art. 67): in ogni stato e grado del procedimento, quando vi è ragione di ritenere che l'imputato sia minorenne, l'autorità giudiziaria trasmette gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni; tale tribunale ha la competenza esclusiva a determinare l'età di un imputato che si abbia ragione di ritenere minorenne.
Tanto l'individuazione quanto l'identificazione della persona dell'imputato ne presuppongono l'esistenza in vita. L'art. 69 comma I stabilisce che se risulta la morte dell'imputato, in ogni stato e grado del processo, il giudice, sentiti il pm e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell'art. 129; l'art. 129 dispone a sua volta che in ogni stato e grado del processo il giudice il quale ritiene che il reato è estinto, lo dichiara d'ufficio con sentenza. La morte del reo prima della condanna estingue il reato, secondo quanto statuisce l'art. 150 cp. L'art. 129 aggiunge che quando ricorre una causa di estinzione del reato, ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta. Non si può non riconoscere che la declaratoria di non colpevolezza dell'imputato pronunciata pur questi sia già deceduto, oltre che obbedire a una fondamentale logica di giustizia, realizza non trascurabili interessi di natura civilistica facenti capo a eventuali eredi del defunto. La sentenza irrevocabile di assoluzione infatti ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il risarcimento del danno (art. 652 comma I).
Se, successivamente alla dichiarazione di morte, si riscontra che essa è stata pronunciata erroneamente, essendo l'imputato ancora in vita, l'eventuale sentenza che abbia pronunciato l'estinzione del reato è tamquam non esset e si provvederà a promuovere una nuova azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona (art. 69 comma II).
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gianfranco Fettolini
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- Università: Università degli Studi di Brescia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Processuale Penale
- Docente: Alessandro Bernasconi
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