Segni. A margine di un corpus fotografico di autore ignoto
Una lettura antropologica di immagini, attenta a contenuti e valori referenziali, necessita ancor più di quella iconologica, storico-artistica o critico-estetica, di dati concreti. L'iconologo, lo storico e il critico dell'arte possono legittimamente lavorare sugli aspetti formali, sui valori figurativi, sulla qualità estetica di un'immagine, mentre l'antropologo, senza elementi storici concreti e puntuali, refluisce su un piano meramente descrittivo, necessario ma certamente sufficiente per la sua riflessione.
Senza la conoscenza di tempi e luoghi, ideologie implicite ed esplicite, circostanze socioculturali e vicende politiche che hanno presieduto alla loro realizzazione, le immagini restano sfuocate e indefinite. La fotografia del resto ormai è un luogo comune, è un oggetto polisemico: al suo interno dunque è possibile rinvenire moltissime cose.
Una fotografi non correlata da dati appare come un pallone aerostatico, disancorata da ogni terra e orizzonte. Occorre una didascalia sotto l'immagine al fine di aiutare l'osservatore a ricostruire la personalità dell'autore, il contesto operativo, la concreta vicenda dei soggetti raffigurati e a trasferire la rappresentazione da un mero orizzonte contemplativo a uno di tipo storiografico. Al didascalia appare parte essenziale di quel processo di costruzione del senso che ciascuno compie manipolando l'immagine. Inscrivendola all'interno di un registro documentario, organizzando il suo uso sociale.
La fotografia insomma non è affatto meccanica se non per il suo framework tecnologico, ma in ogni suo tratto culturale e soggettiva. Non si imprime sulla pellicola quello che c'è di fornite all'obiettivo, ma a quello che abbiamo cercato e vogliamo ci sia; questo inoltre è rappresentato come oggettivamente appare ma attraverso una determinante aberrazione tecnologica, come vogliamo che appaia. La fotografia dunque possiede i suoi codici connotativi strumentalmente operanti. La fotografia costruite attraverso un processo di selezione soggettiva dei dati del reale e di assunzione strutturale di elementi esterni alla logica dell'autore, è per ciò doppiamente socializzata e culturalizzata. La duplice istanza connotativa presente nella fotografia è talmente cogente da porre in discussione forse il suo carattere analogico. È vero infatti che osservando un'immagine vediamo un analogo della realtà a esso legato da corrispondenze matematiche , garanti di una persistenza analogica, ma è pur vero che grazie agli spessi codici connotativi che compaiono sulla sua superficie, l'analogo diviene sovente simbolo di qualcos'altro, di assente, di sfuggente, di non rappresentato. Dal punto di vista strutturale, in definitiva, la fotografia, lungi dall'essere denotata, appare insieme complessivamente e ridondantemente connotata.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Marianna Tesoriero
[Visita la sua tesi: "Mind Control: strategie di controllo mentale attraverso i media"]
- Università: Università degli Studi di Messina
- Facoltà: Scienze dell'Educazione
- Corso: Scienze della Comunicazione
- Esame: Antropologia visuale
- Docente: Francesco Faeta
- Titolo del libro: Strategie dell'occhio. Saggi di etnografia visiva
- Autore del libro: Francesco Faeta
- Editore: Franco Angeli
- Anno pubblicazione: 2010
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