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MERCATI COME LUOGHI DI CONVERSAZIONE


Dove entrambe le realtà sono un articolato insieme di segni/simboli
Emergono delle differenze sotto il profilo della domanda-offerta nel mercato, in questi nuovi luoghi di conversazione: ci sono produttori che propongono beni o servizi, realtà tangibili e qualificate da un certo numero di requisiti sensibili (qualità, colore, forma, materiali con cui è costruito, la tecnologia), ma i consumatori acquistano prevalentemente la marca, cioè lo stile di vita rappresentato in quei prodotti e servizi. Non interessa quindi tanto il prodotto o il servizio per i suoi requisiti sensibili, ma come ponte, come strumento per aderire ad un certo stile di vita, rappresentato in forma di icona all’interno della marca.
Si giustifica la spesa che ogni produttore globale effettua per vendere lo stile di vita. Più il prodotto è indistinto e ha poca attrattività oggettiva, e maggiore sarà l’investimento nella costruzione dell’immaginario di marca (esempio della Coca e dell’hamburger Mc Donald).
Entrambe le realtà presentano un’intima articolazione, si compongono di una pluralità di segni e di simboli: per questo motivo la loro desiderabilità dipende essenzialmente da una pluralità di fattori; si può notare come esistano differenze tra la declinazione del prodotto e la declinazione della marca: il prodotto è il regno delle dimensioni sensibili, oggettive, e la marca è il regno delle componenti immaginarie.
I prodotti hanno una dimensione oggettiva che vede una progressivo disinteresse verso i valori d’uso, la funzionalità, a vantaggio di un incremento nella performance simbolica: la funzionalità d’uso viene data per scontata ed aumenta invece l’interesse verso la capacità di questo bene di generare esperienze. L’esperienza nasce difatti da una componente emotiva, da una variazione repentina dello stato d’animo che, attraverso fruizioni successive, modifica il modo con cui noi ci percepiamo.
Per quel che riguarda la marca, è un valore aggiunto del prodotto, che si stratifica sul prodotto aumentando la sua attrattività: la marca è difatti il modello di vita cui il soggetto vuole tendere. E’ una rappresentazione concreta dello stile di vita che può risultare interessante per il consumatore.
Anche la marca subisce tre mutamenti rilevanti:
- è sempre più costruita per essere un’opera aperta, cioè per essere plasmata in collaborazione con il consumatore: ciascuna marca può richiamare più stili di vita, perché ha al suo interno vari spunti che rimandano a vari modelli: sta al consumatore, al suo sguardo selettivo, individuare quelle componenti che risultano per lui più interessanti, che aderiscono alle sue sensibilità, ai suoi gusti.
E’ un requisito fondamentale per le imprese che operano in quei mercati globali che perseguono la personalizzazione dei prodotti, in quanto garantisce la possibilità per il consumatore di vedere un bene indistinto come bene perfettamente aderente alle sue esigenze.
E’ rilevante non solo per il consumatore che sente il bene personalizzato, ma anche per le imprese in quanto può perseguire economie di scala producendo in grandi quantità e poi raggiungendo la personalizzazione tramite i piccoli particolari;
- marca come piattaforma relazionale: è sempre più uno strumento che favorisce il dialogo, lo scambio di informazioni tra consumatori e imprese; questo è possibile perché molti consumatori si riconoscono come fans, come supporters di una certa marca, essendo così pronti a collaborare con la marca nel miglioramento dell’offerta (esempio delle scarpe della Nike, che permette di andare sul sito a disegnare la propria scarpa ideale: dalle proposte che emergono la Nike può avere degli spunti creativi. Ciò è possibile solo se la marca ha una forte attrattività verso il consumatore);
- la marca diventa agorà, cioè spazio in cui affrontare le forme di dissenso e cercare di risolverle positivamente (da ricerche di mercato risulta che il settore dove è meno forte la crisi è il settore delle avanguardie critiche, perché sono i consumatori che hanno il portafoglio meno intaccato dalla crisi; molte marche stanno andando a lavorare sull’area del dissenso, proponendo prodotti etici, come la Nestlè).
La critica e il dissenso li si affrontano non in tribunale (tempi lunghi, alti costi e vantaggi ridotti), bensì si preferisce andare a cercare delle risposte alle sollecitazioni fatte dai consumatori critici.
Marca e prodotti devono adattarsi, stabilire un legame sempre più stretto tramite un meccanismo di feed-back sempre più intenso.

Tratto da SOCIOLOGIA DEI PROCESSI ECONOMICI di Andrea Balla
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