Gli elementi soggettivi della struttura del tentativo
1. Dolo, come visto sono assoggettabili alla forma tentata solo i reato dolosi.
L’art. 56 c.p. parla di “atti diretti a produrre l’evento” per questo di ritiene che siano imputabili come delitti tentati solo quei comportamenti che siano adottati con intenzione o certezza di produrre l’evento, cioè il dolo intenzionale e diretto, mentre non le condotte che si configurano l’evento solo come probabile, cioè il dolo eventuale.
Si è dubitato della compatibilità dell’art. 56 c.p. con i reati omissivi propri in quanto, prima dello scadere del termine utile per eseguire la condotta, il soggetto è libero di farlo, mentre dopo si è già realizzato il fatto tipico.
Si ritiene oggi che sia applicabile se il reo si è volontariamente posto in condizione di non poter agire.
Per quel ce riguarda poi i reati di pericolo, la nostra politica criminale non li ritiene imputabili nella forma tentata in quanto non è punibile il pericolo del pericolo.
Due istituti propri del tentativo fungono da esimenti alla responsabilità tentata, oltre alle esimenti generali, e sono:
- Desistenza volontaria, il soggetto attivo desiste in maniera volontaria dalla azione criminosa.
Ciò causa esclusione della responsabilità.
La desistenza può consistere in azioni attive, come il buttare via i cioccolatini avvelenati prima che la vittima li mangi, o in azioni omissive, come desistere da sparare alla vittima.
In ogni caso la desistenza deve intervenire prima dell’evento, anche a tentativo compiuto purché, appunto, non produca gli effetti dannosi dell’evento.
- Recesso attivo, il soggetto attivo impedisce il realizzarsi dell’evento.
In questi casi il recesso funge da circostanza attenuante speciale.
Il recesso è sempre un comportamento attivo che si colloca obbligatoriamente a tentativo compiuto, cioè quando la condotta tipica si è esaurita e l’evento sta producendosi.
Se il soggetto attivo interviene attivamente prestando soccorso alla sua vittima e riuscendo a impedire l’evento allora non sarà accusato del delitto perfetto ma del delitto tentato godendo anche dell’attenuante speciale.
Ovviamente la desistenza causa esclusione della punibilità, in quanto si colloca in un momento anteriore e in cui il bene è sottoposto a minor pericolo, e le possibilità di successo del salvataggio sono maggiori che non nel recesso.
E’ irrilevante il motivo psicologico che ha spinto il soggetto attivo a cambiare rotta di comportamento, l’unica cosa necessaria è che l’abbia fatto per volontà, cioè al momento del ripensamento ci fossero state le possibilità obbiettive di proseguire il reato.
Continua a leggere:
- Successivo: Il reato impossibile
- Precedente: Gli elementi oggettivi della struttura del tentativo
Dettagli appunto:
-
Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto penale I, a.a. 2006/2007
- Titolo del libro: Corso di Diritto Penale
- Autore del libro: Francesco Palazzo
Altri appunti correlati:
- Diritto Penale
- Diritto Penale
- Diritto Penale
- Diritto penale commerciale
- Seminario "Giustizia e Modernità"
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- La distinzione tra dolo eventuale e colpa con previsione con particolare riferimento al nuovo reato di omicidio stradale
- Riflessioni sulla prevenzione generale
- Idoneità e univocità degli atti nel delitto tentato
- La disciplina del tentativo di reato nel codice penale francese del 1810 e nella codificazione penale austriaca
- La responsabilità penale delle persone giuridiche - la soluzione del D. Lgs. 8 giugno 2001 n. 231
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.