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L'effetto delle popolazioni sui sistemi naturali



Gli esseri umani si isolano dall’ambiente fisico, sovrapponendo a esso diversi paesaggi culturali, così da soddisfare le esigenze crescenti di una popolazione sempre più numerosa. Alcune trasformazioni hanno un impatto modesto sull’ambiente. La deforestazione o il terrazzamento dei fianchi collinari per praticare un’agricoltura di sussistenza costituiscono mutamenti lievi delle condizioni naturali. Dissodare e coltivare le praterie, imbrigliare le acque di importanti sistemi fluviali per mezzo di dighe e bacini artificiali, costruire città e reti autostradali o scavare ampie miniere a cielo aperto sono interventi più consistenti. È evidente che i nuovi paesaggi sono del tutto diversi da quelli naturali cui sono sostituiti. Le modifiche, inizialmente di piccola portata, si sono dunque accumulate, producendo paesaggi culturali completamente nuovi. Eliminare il paesaggio fisico non significa, tuttavia, annullare le interazioni fra uomo e ambiente. Queste ultime continuano infatti a sussistere. I mutamenti prodotti creano paesaggi culturali non programmati e condizioni ambientali indesiderate. Abbiamo modificato i climi, inquinano l’aria, l’acqua e il suolo, distrutto la vegetazione naturale e i profili del territorio. Queste conseguenze negative dell’impatto umano sull’ambiente sono elementi fondamentali nello studio della geografia umana. Ambiente è un termine abusato, indicante la totalità degli elementi che in qualsiasi modo influiscono su un organismo.
Gli esseri umani vivono in un ambiente naturale che essi hanno modificato con le loro azioni individuali e collettive, fra cui l’abbattimento delle foreste, il dissodamento delle praterie, la costruzione di dighe e l’edificazione di città. Abbiamo dunque creato il nostro ambiente culturale su quello naturale, modificando, alterando o distruggendo le condizioni presenti in natura prima che l’impatto umano si manifestasse. Tali condizioni erano caratterizzate da un costante processo di mutamento e di adeguamento, che comunque consentiva di mantenere intatta la biosfera (o ecosfera), ovvero il sottile involucro costituito da aria, acqua e suolo in cui noi viviamo.
La biosfera è composta da tre sezioni tra loro interrelate:
1) l’atmosfera, un leggero strato di aria che avvolge la Terra;
2) l’idrosfera, l’insieme delle acque superficiali e sub superficiali di oceani, laghi, fiumi, ghiacciai, nonché l’acqua sotterranea;
3) la litosfera, la parte superiore della crosta terrestre, contenente i suoli dove crescono le piante, le sostanze minerarie di cui piante e animali hanno bisogno per vivere, i combustibili fossili e i minerali sfruttati dall’uomo. La biosfera è un sistema caratterizzato da una complessa interdipendenza, all’interno del quale si trova tutto ciò che è necessario alla vita e tutto quanto è disponibile per gli esseri viventi. Com’è necessario, i componenti del sottile involucro costituito dall’ecosfera vengono costantemente riciclati e rinnovati in natura; le piante purificano l’aria; l’aria contribuisce a purificare l’acqua; le piante e gli animali utilizzano l’acqua e i minerali, che vengono restituiti al sistema per essere reimpiegati.
La struttura dell’ecosfera non è né eterna né immutabile. Al contrario, i cambiamenti sono la regola costante dell’ambiente fisico e tali rimarrebbero anche in assenza dell’uomo e dei mutamenti prodotti dalle sue azioni. Dopo l’ultima glaciazione, nell’arco di millenni le diverse aree climatiche beneficiarono di un modello di sviluppo ambientale abbastanza stabile, che delineò un sistema globale di condizioni ambientali  in cui le culture umane si svilupparono e si differenziano tra loro. Tale modello rispondeva ad alcuni dati fisici costanti nel tempo: l’inclinazione dell’asse terrestre, la rotazione della Terra e il suo movimento attorno al Sole; la diversa ricezione di energia solare e le differenze stagionali caratterizzanti i due emisferi della Terra; la reirradiazione di una parte dell’energia attraverso l’atmosfera, sotto forma di calore; a un livello di dettaglio superiore, infine, questo modello di sviluppo determinava la distribuzione delle terre e delle acque, nonché l’andamento delle correnti oceaniche e atmosferiche. Insieme, questi e altri fenomeni determinano i modelli globali delle temperature e delle precipitazioni. Il modello relativo ai climi nel mondo determinato da questi fenomeni fisici rappresentava uno schema relativo ai biomi. I biomi sono grandi comunità di piante e animali che occupano ampie zone della superficie terrestre, adattandovisi in funzione delle condizioni climatiche. Biomi sono, per esempio, il deserto, la prateria o steppa o, ancora la foresta pluviale tropicale e la foresta di conifere del Nord. I biomi contengono, a loro volta, ecosistemi più piccoli e più specializzati; si tratta di comunità autonome, che si autoregolamentano e interagiscono, adattandosi alle condizioni locali in termini di clima, topografia, suolo e drenaggio.

Tratto da I CONCETTI CHIAVE DELLA GEOGRAFIA di Gabriella Galbiati
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