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La storiografia delle "eccezioni" vs. la storiografia del normale

      
La storia della musica è costruita sull’analisi di due tipi di momenti storici: quello quotidiano, di tutti giorni che spesso passa inosservato agli occhi degli studiosi, e quello eccezionale, l’Evento ricordato da tutti come avvenimento spettacolare e di grande impatto sul pubblico.
La destinazione dell’opera e l’uso che ne verrà fatto condiziona la stesura del brano; in questo punto analizzeremo le differenze tra un brano facente parte della categoria delle “eccezioni” e uno di quella del “normale”. Tali opere sono l’Orfeo di Claudio Monteverdi, rappresentato per la corte di Mantova e l’Orfeo (anonimo), probabilmente rappresentato in un teatro pubblico veneziano. Già da questa introduzione possiamo notare una cosa particolare: le informazioni riguardanti la composizione di Monteverdi sono precise, poiché l’evento eccezionale è stato descritto e impresso sulla carta, mentre il brano anonimo non arreca indicazioni circa il luogo di rappresentazione e la data precisa di esecuzione.
L’Orfeo di Monteverdi è stato messo in scena a Mantova nel 1607 presso la corte di Francesco Gonzaga. Tali informazioni ci derivano non da un attento studio dei documenti, ma solo dalla lettura della copertina della partitura (tra l’altro una delle poche prodotte a stampa di quel periodo). Continuando la lettura, troviamo una dedica a Gonzaga, nella quale l’autore descrive la rappresentazione per l’élite utilizzando come tempo verbale il passato remoto, come se la partitura donata al principe fosse un souvenir di quella serata, dell’evento accessibile solo a pochissime persone. Si viene a delineare, quindi, la tipologia di opera-souvenir:  la partitura non viene scritta per essere suonata, ma viene stampata solamente come ricordo della serata; l’attenzione è perciò focalizzata non  verso l’arte in sé, ma verso l’evento. Una conferma di questa affermazione la possiamo notare nell’elenco degli strumenti presenti quella sera. Osserviamo infatti che l’organico è molto ampio: due clavicembali, due contrabbassi di viola, dieci viole da braccio, un’arpa doppia, due violini piccoli alla francese, due chitarroni, due organi di legno, tre bassi da gamba, quattro tromboni, due clarinetti, un flautino alla francese in seconda, un clarino con tre trombe sordine. Altro esempio di precisione della fonte è nella descrizione del balletto <<questo balletto fu cantato al suono di cinque viole da braccio, tre chitarroni […]>>.La partitura, inoltre, è scritta in verticale, come quella dei direttori d’orchestra, e quindi non è adatta ad essere suonata da un singolo musicista, poiché si dovrebbe girare le pagine da solo mentre suona. Tutti questi elementi concorrono alla creazione del souvenir, dato che descrivono esattamente gli elementi presenti quella sera alla rappresentazione. C’è da dire anche che Monteverdi, indicando la grandiosità dell’organico, elogia la magnificenza corte così da garantirsi pubblicità e ingaggi per altri eventi.
Tutt’altra cosa è lo spartito dell’Orfeo anonimo,probabilmente risalente al 6178 e giunto a noi grazie a una bella copia conservata nella collezione privata della famiglia Contarini, proprietaria di molti teatri a Venezia e sulla riviera del Brenta. La partitura ci appare scarna:  non ha i dati essenziali sulla musica, sulla rappresentazione e sull’organico e sicuramente non è mai stata usata; appare in verità una bella copia di una probabilmente utilizzata a teatro in uno spettacolo e gradita da un componente della famiglia Contarini, che ne ha voluto la trascrizione come ricordo. La parte originale non ci è pervenuta perché probabilmente, avendo eseguito la sua utilità sul piano economico, è stata gettata poiché ormai inutile.
C’è da notare, dunque, la totale differenza tra queste due testimonianze scritte: la prima, un’opera-souvenir, non destinata all’esecuzione e quindi ad entrare nella storia come un pezzo fruibile a chiunque, è altamente dettagliata e ci fornisce qualunque tipo di informazione sulla composizione dell’organico e sulla modalità di esecuzione, mentre la seconda, partitura destinata al grande pubblico e fruibile a chiunque, non presenta alcun indizio di come venne eseguita.
La musica di tutti i giorni potrebbe fare la storia, ma purtroppo le fonti a noi pervenute non ci permettono di capire come fosse rappresentato lo spettacolo. La maggior parte delle volte, quindi, la storia della musica viene costruita e raccontata in base a un percorso fatto di eventi eccezionali e d’élite e non in base alla  musica quotidiana, che invece ha influenzato enormemente lo sviluppo delle discipline e dei generi musicali.

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