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Il cibo come fenomeno culturale


Se consideriamo il cibo un fenomeno culturale, possiamo legarlo al modello di funzionamento di un linguaggio e dunque sono ad esso applicabili i metodi e le categorie interpretative della semiologia. Prendiamo in considerazione la distinzione tra langue e parole che BARTHES attribuisce al mondo alimentare. La “lingua” alimentare è composta da:
1.    regole di esclusione, tabù alimentari;
2.    opposizioni significanti di unità (ad es. salato/zuccherato);
3.    regole di associazione, sia simultanea, a livello di un piatto, sia succesiva, al livello di un intero menù;
4.    protocolli d'uso, che probabilmente funzionano come una reorica alimentare.
La “parola” alimentare invece comprende le variazioni personali, familiari e professionali di preparazione e associazione.
E' possibile quindi considerare il cibo come un codice linguistico composto da due sotto-strutture: la base (storica, nazionale, regionale, ecc.), uguale o molto simile per gli uomini di una data società o comunità, che definisce la “forma” della struttura alimentare; la “sovrabase” composta da altri e multiformi livelli di disponibilità riempibili a seconda dei momenti e degli individui che necessitano di combinazioni diverse per i messaggi da mandare. Questi livelli formano il “contenuto” della parola alimentare.
Due livelli imprescindibili dunque agiscono, allo stesso tempo, per definire il sistema alimentare: il primo è determinato dalla necessità fisiologica del consumo del cibo e il secondo legato alla inevitabilità della comunicazione.

Tratto da LA SPENDIBILITÀ DEL SAPERE SOCIOLOGICO di Angela Tiano
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