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Approccio di Baudrillard


All'inizio degli anni '70 BAUDRILLARD ha proposto un diverso approccio rispetto all'originario concetto di status symbol. L'autore si è soffermato soprattutto sulle valenze di identificatore/differenziatore sociale; mette in evidenza l'organizzazione degli oggetti secondo codici e linguaggi legati ad un ordine simbolico, in armonia con le caratteristiche sociologiche di status e le dinamiche sociali dei gruppi.
Baudrillard pone l'accento sul gruppo e sul codice, privilegiando un'ottica sistemica attenta al porsi della cultura materiale come “linguaggio”, sistema di significati, che trovano il loro fine nel gruppo, ceto o classe.
Tale visione suggerisce l'immagine di un sistema sociale in cui i diversi gruppi si caratterizzano per gli oggetti che usano, ma anche per “come” li usano, individuando così una variegata segmentazione di “stili di vita”, capaci di caratterizzare il profilo culturale dei gruppi sociali al di là della loro collocazione strutturale di ceto o di classe.
Nelle sue analisi BOURDIEU riprende la logica della distinzione sociale. Secondo lo studioso il consumo (così come il gusto e le preferenze culturali) è il mezzo tramite cui le classi più elevate ribadiscono e riproducono la loro superiorità.
Per BAUDRILLARD e BOURDIEU il consumo costituisce però un segno falso: i costumi spostano sul piano simbolico la conflittualità tra classi, trasformando la struttura sociale classica, basata su due classi distinte, in un assetto a gradienti almeno teoricamente comunicanti.
Un impulso alla rivisitazione del consumo, non legato alle logiche economiche di produzione, è venuto dall'antropologia, nella quale trova la sua espressione più articolata il contributo di DUGLAS.
Per l'autrice, attraverso il consumo si acquisiscono strumenti concettuali, categorie conoscitive elaborati dal sistema culturale di una società, per ordinare e riconoscere gli eventi dell'esperienza, per rendere intellegibile il mondo.
In questa prospettiva i beni, che divengono accessori rituali, favoriscono la creazione di significati socialmente condivisi: “ il consumo è un processo rituale la cui funzione primaria è di dare un senso al flusso indistinto degli eventi”.
La presenza del gruppo conferma al singolo la scelta di beni di consumo adatti in particolari occasioni; entro lo spazio e il tempo a sua disposizione, l'individuo si serve dei consumi per dire qualcosa su se stesso, la propria famiglia, il mondo in cui vive.
La soddisfazione data dal consumo materiale è solo una parte del servizio espletato dagli oggetti, l'altra parte è costituita dalla “condivisione dei nomi” che vengono appresi e graduati in categorie e che costituiscono la cultura.
L'uomo ha bisogno dei beni per comunicare con gli altri e per dare un senso al mondo che lo circonda; l'obiettivo generale del consumatore è di ottenere informazioni sulla fluttuante scena sociale e in questo modo controllarla. Se non è in grado di fare ciò, saranno gli altri a manipolare il quadro di controllo, ed egli perderà i suoi indicatori.
Per DUGLAS e ISHERWOOD l'informazione è considerata funzionale alla posizione del reddito del soggetto e il comportamento di consumo è valido a mantenere, migliorare e/o acquisire tale posizione.
Un altro filone di analisi recente e che vede il contributo di sociologi italiani, tenta di superare l'astrazione economicista del consumo. Concetto chiave di queste teorie è lo “stile di vita”: rispetto ai tradizionali criteri di distinzione, fondati sulla classe e il ceto, tale idea mostra una capacità di aggregazione e differenziazione in grado di tagliare trasversalmente le strutture generate dai complessi socio-economici di tipo tradizionale e suggerisce l'esistenza di dimensioni sociali diverse, non sempre sovrapponibili alla classica trama che legava ceto e classi alla stratificazione degli status professionali.
Il valore di status è sempre meno intrinseco al bene e sempre più legato al sistema complessivo delle connessioni che gli individui stabiliscono tra gli oggetti, mediante i quali si esprime l'identità e il proprio stile. Dai prodotti come status symbol si passa ai prodotti come style symbol.
Gli oggetti possiedono nella nostra società una grande forza comunicativa, assai variegata, ed è quindi ipotizzabile l'esistenza di molteplici codici che concorrono a creare e regolare altre valenze segnico-simboliche dei beni, correlate alla varietà delle relazioni che l'individuo può instaurare
La crescente frammentazione dei mercati di consumo moltiplica i settori di popolazione esistente e soprattutto i relativi codici di comunicazione: da ciò nasce la necessità di prodotti polisemici, beni in grado di parlare simultaneamente lessici diversi.
A questo polimorfismo segnico tende anche la proposta di SECONDULFO e DI NALLO del “valore di consumo”, che può comprendere l'ampliarsi e il farsi complessità degli usi simbolici degli oggetti: tale estensione risulta particolarmente evidente nel passaggio dalla società moderna ai nuovi equilibri della civiltà comunicazionale.
Il valore di consumo si assesta a fianco di altri valori e pur all'interno del sistema di mercato, suggerisce una visione che vuole l'uso dei beni in termini di massimizzazione economica di un rapporto mezzi-fini, in una cornice legata alla logica dell'agire strumentale.
In questa logica il consumo si collega ad alcuni profondi mutamenti valoriali, caratteristici del nuovo assetto socio-economico, che lo pongono in un particolare rapporto con gli oggetti, la natura e il mondo.
Liberatosi dalle logiche della produzione, il consumo si propone come “linguaggio” in termini di mediazione simbolica, non come strumento utile per la produzione e trasmissione di informazioni, ma come “produzione di senso”.
DI NALLO si propone di analizzare la sintassi del consumo, ossia i modi non causali in cui i beni si strutturano in clusters di sistemi e subsistemi seguendo delle precise convenzioni, che ne permettono la comprensibilità sociale. L'autrice afferma che i legami esistenti tra beni seguono una logica intrinseca, che prescinde dalle preferenze individuali dei soggetti consumatori.
Le “cose” dunque comunicano messaggi in quanto inserite in sistemi (e subsistemi) strutturati grazie a norme che sono espressione dei valori e dei significati sociali di un'epoca, e vengono assunte secondo principi di riconoscibilità sociale.

Tratto da LA SPENDIBILITÀ DEL SAPERE SOCIOLOGICO di Angela Tiano
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