La vitalità dell'opera d'arte di Bernhard Valvrojenki Berenson
La vitalità dell'opera d'arte di Bernhard Valvrojenki Berenson
(Butremans, Lituania 1865 – Firenze 1959)
Valvrojenki era il suo vero cognome di Berenson, cambiato dal padre durante il trasferimento in USA (1887) per le persecuzioni antisemite naziste, a Boston. Entra ad Harvard forse per interessamento di Isabella Stewart Gardner, di cui poi diventerà consulente, e studierà sanscrito, psicologia e storia delle belle arti. Nel 1900 si trasferirà a Firenze e poi comprerà una bella villa a Fiesole, I Tatti, che ospiterà ospiti illustri come D'Annunzio, Wagner e Cecchi.
Esperto di Rinascimento.
Berenson è autore di quattro importanti volumi sulla pittura italiana del Rinascimento. Ogni volume è diviso in due parti: prefazione di carattere teorico sulla scuola considerata; elenchi dei pittori e relative opere attribuite. Sono volumi che denunciano immediatamente il carattere asistematico che guiderà poi tutti i lavori successivi di Berenson. Per influenza del pensiero pragmatista di William James, che fu suo maestro di psicologia, l'aspetto della riflessione teorica è in funzione esclusiva della valutazione delle opere e dei momenti storici considerati, di cui individua i valori ei caratteri estetici salienti.
Secondo Berenson l'opera d'arte è un organismo vivente che trasferisce nello spettatore, nel momento in cui si accosta ad un opera d'arte che sia veramente tale, un accresciuto senso di capacità vitale che gli stimola nel contempo un piacere estetico.
Gli elementi costitutivi dell'opera d'arte, afferma Berenson, sono due: decorativi e illustrativi.
Gli elementi decorativi. Sono quelli che interessano maggiormente l'indagine critica, e riguardano gli aspetti formali dell'opera. Consideriamo valori decorativi: valori tattili, movimento, composizione spaziale, raggruppamenti compositivi, colore e tono. I primi sono ottenuti attraverso il chiaroscuro accentuato e la disposizione delle cosiddette linee funzionali (gli elementi separatori delle singole superfici) e hanno il compito di suggerire la terza dimensione, quindi a dare l'impressione al lettore di potere materialmente toccare la realtà rappresentata. Il pittore deve quindi eccitare il senso tattile.I pittori fiorentini erano i migliori: Giotto e Masaccio per i valori tattili; Pollaiolo per i valori di movimento. Gli artisti umbri ebbero invece un ruolo determinante nella composizione spaziale. Colore e tono erano materia dei veneti.
Gli elementi illustrativi. Sono quelli peculiari di pittori come Duccio da Buoninsegna e Raffaello. Antitesi negativa dei valori decorativi ed elemento discriminabte del giudizio di valore delle opere. Riguarda tutto quanto interessa non per le qualità intriseche ma per il valore della cosa rappresentata, sia nel mondo esterno sia nel nostro mondo interiore. I valori decorativi sono eterni; quelli illustrativi transeunti. I primi sono connessi a problemi psichici quindi invariabili nel tempo; i secondi sono relativi a ideologie dei committenti delle opere d'arte e cambiano col contenuto spirituale riprodotto nell'aspetto visivo, si diversificano, infine, quanto le razze e gli individui.
Se un'opera d'arte contiene quasi solo elementi illustrativi, sparirà con gli ideali che riproduce. Se contiene quasi solo elementi decorativi ma noi non riusciamo a scorgerli, perderà qualsiasi attrattiva appena ci saremo stancati degli atteggiamenti di vita, sentimento e pensiero che essa esprime.
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia della critica d'arte
- Docente: Valter Pinto
- Titolo del libro: La critica d'arte del Novecento
- Autore del libro: Gianni Carlo Sciolla
- Editore: Utet
- Anno pubblicazione: 2006
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