Valutazione degli stati depressivi - diagnosi differenziale
La valutazione dello stato emozionale in pazienti neuropsichiatrici può essere fonte di confusione diagnostica.
• Bisogna tenere in considerazione la possibilità che sintomi neurologici possono interferire sui segni e sintomi della depressione. Ad es. la presenza di afasia può rendere complicato raccogliere dal paziente la storia e i pensieri che si associano al suo stato depressivo.
• Soggetti con danni cerebrali, ritardo mentale o demenza frequentemente hanno una distorta consapevolezza di un disturbo affettivo; in tal caso al diagnosi deve fondarsi principalmente sulle osservazioni comportamentali e sulla presenza dei segni neurovegetativi (alterazioni della sfera neurovegetativa che comunemente accompagnano la depressione e la mania).
• Disturbi della comunicazione emozionale possono interferire sulla diagnosi di disturbo dell’umore. La presenza di aprosodia, la mancanza di gestualità emotiva, la riduzione dell’espressione facciale possono occultare un disturbo dell’umore sottostante. Al contrario, a un’espressione emozionale apparentemente “piatta” può non corrispondere una riduzione del tono dell’umore.
• Fenomeni di labilità emotiva possono essere presenti in pazienti con lesioni cerebrali simulando un disturbo dell’umore. Questi comportamenti di iper-emotività sono caratterizzati da una risposta emozionale esagerata a stimoli emotivi anche scarsamente significativi a da improvvisi e transitori episodi di pianto irrefrenabile.
È stato ipotizzato che l’emisfero sinistro e in particolare le aree frontali abbiano la superiorità rispetto all’emisfero destro nel controllo dei processi emozionali. Per cui una lesione di queste aree altererebbe i meccanismi inibitori di controllo della risposta emozionale (verosimilmente insieme a componenti psicologiche che ampliano la risonanza dello stimolo).
• Disturbi dell’espressione affettiva possono confondere nella diagnosi di depressione. L’espressione affettiva (= affect, espressione esterna del proprio stato emozionale) e l’umore (= esperienza di un proprio stato emozionale per un periodo protratto) possono essere dissociati l’una dall’altro nei paziente neuropsichiatrici. Es.: pianto psuedobulbare (o talvolta riso): fenomeni di pianto (o riso) stereotipati, inappropriati e immotivati, che si hanno nei paziente senza che essi si sentano tristi o felici (in seguito a lesioni cortico-bulbari bilaterali).
• Per una diagnosi differenziale della depressione con altre sindromi in paziente neuropsichiatrici, l’apatia deve venire distinta dalla riduzione del tono dell’umore. Le 2 condizioni possono trovarsi associate in molti disturbi del comportamento secondari a lesioni cerebrali oppure presentarsi come sindromi distinte. Es.: ipersonnia e iperfagia sono tipicamente associate a sindromi apatiche ma anche a una depressione atipica.
• Gravi disturbi vegetativi spesso accompagnano la depressione e possono costituire gli unici o i principali segni di questa sindrome nei paziente con danni cerebrali.
• I farmaci che il paziente neuropsichiatrico assume per i suoi sintomi somatici possono influire negativamente sul tono dell’umore.
Si nota l’ambiguità della classificazione psichiatrica, qualora venga applicata a malattie neurologiche. Quando si valutano i disturbi dell’umore all’interno di malattie neurologiche sono frequenti i casi di paziente con un nucleo depressivo severo ma che non hanno i criteri richiesti (oltre alla deflessione dell’umore o alla perdita di interesse) per porre diagnosi di depressione maggiore o minore. Es.: depressioni mono- o paucisintomatiche dove tutto il quadro clinico è costituito dall’insonnia e da una severa ideazione suicidaria.
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