Riassunto dei capitoli 11 e 12 del manuale di Blundo sulla neuropsichiatria. Si approfondiscono in particolare le basi biologiche dei disturbi dell'umore (depressione maggiore, mania, disturbo bipolare) e quelle delle psicosi, con i sintomi positivi (deliri e allucinazioni).
Neuropsichiatria
di Maddalena Malanchini
Riassunto dei capitoli 11 e 12 del manuale di Blundo sulla neuropsichiatria. Si
approfondiscono in particolare le basi biologiche dei disturbi dell'umore
(depressione maggiore, mania, disturbo bipolare) e quelle delle psicosi, con i
sintomi positivi (deliri e allucinazioni).
Università: Libera Università Vita Salute San Raffaele di
Milano
Facoltà: Psicologia
Titolo del libro: Neuropsichiatria – I disturbi del comportamento
tra neurologia e psichiatria
Autore del libro: Carlo Blundo
Editore: Masson
Anno pubblicazione: 20041. Modello fisiopatologico unitario dei disturbi dell’umore
In ambito nosografico, i disturbi dell’umore vengono rappresentati come un insieme costituito da distinte
entità morbose. La teoria neurobiologica multidimensionale ipotizza che le diverse entità morbose siano
l’espressione di percorsi patogenetici diversi all’interno di un unitario modello fisiopatologico. La diversità
patogenetica sarebbe da ascrivere alla disfunzionalità dei diversi livelli strutturali del sistema nervoso.
Maddalena Malanchini Sezione Appunti
Neuropsichiatria 2. Disturbi dell’umore correlati alla disfunzionalità del livello
rettiliano
La disfunzione delle strutture rettiliane dovrebbe comportare:
- L’alterazione dei comportamenti connessi ai ritmi dell’attività biologica di base: ciclo sonno-veglia, ciclo
alimentare (anoressia o iperfagia), ciclo sessuale (ipo- o iperattività).
- L’accentuazione di intensità dei sistemi edonici di base (le emozioni di fondo di Damasio:
benessere/malessere).
- L’alterazione dei processi cognitivi (livello neocorticale), sotto forma di idee prevalenti e di deliri. Ciò
sarebbe da intendere come effetto secondario alla primaria disfunzione edonica, come tentativo di dare un
“senso” a ciò che in sé senso non ha.
Sul piano dei contenuti, si dovrebbe rilevare una povertà (ridotta articolazione).
- Sul piano dell’attività motoria, inibizione o eccitazione sensomotoria. Infatti c’è una stretta correlazione
tra sistemi edonici e sistema senso motorio.
- Sul piano relazionale, scarsa responsività delle dinamiche interpersonali e sovrapersonali sull’affettività del
soggetto (e di conseguenza anche sull’ambito cognitivo e comportamentale). Il livello rettiliano è preposto
alla regolazione del mondo intrapersonale.
La fisiologica attivazione di tipo “ciclico” delle strutture rettiliane (associata ai cicli della natura), dovrebbe
comportare una durata limitata, eventualmente stagionale, del disturbo dell’umore caratterizzato dagli aspetti
sopra descritti e la possibilità del periodico ripresentarsi di episodi della stessa natura (non necessariamente
dello stesso tipo polare). Nei periodi intercritici dovrebbero essere reintegrate le condizioni complessive
dello stato mentale del soggetto.
In conclusione, secondo la teoria neurobiologica multidimensionale, una disfunzione delle strutture relative
al livello rettiliano del SNC sarebbe responsabile del quadro psicopatologico e clinico del Disturbo
Depressivo Maggiore e del Disturbo Bipolare (DSM-IV-TR).
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Neuropsichiatria 3. Disturbi dell’umore correlati alla disfunzionalità del livello
limbico
La disfunzione delle strutture limbiche dovrebbe comportare una disfunzionalità dei processi di
categorizzazione correlati alle emozioni semplici.
Una disfunzione limbica potrebbe esprimersi:
1. Come ridotta modulazione dell’attività rettiliana. In questo caso l’espressività clinica del disturbo
dell’umore è il Disturbo Depressivo Maggiore o il Disturbo Bipolare (vedi il punto A). Si rileva però un
grado ridotto di modulazione emotiva anche nei periodi intercritici.
2. Come cristallizzazione polare del fisiologico fluire delle emozioni semplici dal polo positivo (es. gioia) al
polo negativo (es. tristezza). In questo caso si dovrebbe rilevare:
- Maggiore responsività del quadro clinico alle vicissitudini interpersonali, sia in senso positivo che in senso
negativo. Ovvero, pur all’interno di una ridotta modulazione affettiva, si dovrebbe rilevare una certa
correlazione tra stato dell’umore e vicende esistenziali, in particolare interpersonali.
- Minore compromissione dei comportamenti connessi ai ritmi biologici di base Infatti rimane una certa
modulazione dell’attività rettiliana.
- Minor compromissione dell’attività sensomotoria Infatti rimane una certa modulazione dell’attività
rettiliana.
- Alterazioni cognitive espresse in modo più articolato.
In caso di cristallizzazione polare dell’attività limbica, l’espressività psicopatologia e clinica del disturbo
dell’umore è il Disturbo Distimico e il Disturbo Ciclotimico (DSM-IV-TR). Si rileva quindi una tendenza
alla cronicità delle manifestazioni cliniche.
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Neuropsichiatria 4. Disturbi dell’umore correlati alla disfunzionalità del livello
neocorticale
Il livello neocorticale frontoventromediale permette l’elaborazione delle emozioni secondarie.
Una disfunzione frontoventromediale potrebbe esprimersi:
1. Come ridotta modulazione dell’attività limbica. In questo caso l’espressività clinica del disturbo
dell’umore è il Disturbo Distimico o il Disturbo Ciclotimico (vedi il punto B2).
2. Come cristallizzazione polare del fisiologico fluire delle emozioni complesse dal polo positivo (es.
orgoglio) al polo negativo (es. vergogna). In questo caso si dovrebbe rilevare:
- Maggiore responsività del quadro clinico alle vicissitudini sovrapersonali, sia in senso positivo che in
senso negativo. Ovvero, pur all’interno di una ridotta modulazione affettiva, si dovrebbe rilevare una certa
correlazione tra stato dell’umore e vicende esistenziali, in particolare sovrapersonali.
- Espressione pressoché normale dei comportamenti connessi ai ritmi biologici di base Infatti viene
mantenuta una certa modulazione dell’attività limbica.
- Espressione pressoché normale dell’attività sensomotoria. Rimane una certa modulazione dell’attività
limbica.
- Alterazioni cognitive limitate.
In caso di cristallizzazione polare dell’attività frontoventromediale, il quadro psicopatologico e clinico
rientra nell’ambito dei Disturbi di Personalità, approssimabili ai tipi Evitante-Dipendente (sul versante
“inibito”) o ai tipi Istrionico-Narcisistico (sul versante “espansivo”) (secondo Il DSM-IV-TR).
Infatti, sia nel caso 1 che nel caso 2, si rileva la presenza di tratti di personalità di tipo “inibito” o
“espansivo”, i quali nel 2° caso caratterizzano significativamente la personalità del soggetto.
Conclusioni. I modelli patogenetici descritti esprimono forme “pure” di disturbo dell’umore. Nelle teoria
neurobiologica multidimensionale si ipotizza che ci siano ampie “reti” interagenti, la cui sovrapposizione
giustifica l’impurità espressiva delle forme cliniche dei disturbi dell’umore. L’osservazione clinica conferma
infatti la presenza di manifestazioni psicopatologiche “parziali” e “miste”.
Maddalena Malanchini Sezione Appunti
Neuropsichiatria 5. Basi anatomo-funzionali dei disturbi dell’umore: depressione
• È stato proposto che alla base della fisiopatologia dei disturbi dell’umore vi sia una disfunzione di 2
importanti circuiti neuronali:
1) Il circuito limbico-talamo-corticale
2) Il circuito limbico-striato-pallido-talamico.
• Tra le strutture cerebrali proposte come substrati neurali della depressione (sia primaria che secondaria)
vi sono l’amigdala, la corteccia prefrontale, la corteccia del giro del cingolo, l’ippocampo, che svolgono uno
specifico ruolo nella regolazione dell’umore.
• Negli studi di neuroimaging, il gradiente del flusso ematico e del metabolismo cerebrale dell’amigdala
sono risultati correlati positivamente con la gravità della depressione, mentre durante il trattamento
antidepressivo il metabolismo ritorna a livelli di normalità. Dato che l’amigdala è implicata
nell’apprendimento e nella rievocazione di ricordi a contenuto emozionale, è stato ipotizzato che
un’eccessiva stimolazione da parte dell’amigdala delle aree corticali deputate all’elaborazione dei ricordi
(riguardanti la memoria dichiarativa) sia alla base del continuo ripensare dei soggetti con depressione ad
eventi spiacevoli o tematiche di colpa.
Altre ipotesi sul ruolo dell’amigdala riguardano una percezione (e conseguente memorizzazione) distorta del
significato emozionale di uno stimolo (a causa di un’iperattivazione noradrenergica dell’amigdala e di un
aumento dell’increzione di cortisolo), con la conseguente attribuzione di una valenza negativa.
Infine è stato ipotizzato che durante la depressione vi sia una disfunzione dell’amigdala per quanto riguarda
la comprensione delle emozioni espresse dai volti.
• Indagini sulla corteccia frontale nei soggetti con depressione hanno dimostrato che vi sono differenze
anatomiche nell’area 24 sotto il ginocchio del corpo calloso e differenze nella densità e nel numero totale di
cellule gliali rispetto ai controlli sani. L’ipotesi è che vi sia un deficit specifico nella densità gliale di
quest’area della corteccia prefrontale, in determinati gruppi di soggetti con disturbo depressivo o sindrome
bipolare (per lo più i soggetti con familiarità); tale deficit potrebbe essere un marker della depressione.
• Negli stati di depressione maggiore, la corteccia del giro cingolato anteriore dorsale è ipoattiva, quella
rostrale è iperattiva. La divisione rostrale integra le componenti affettive delle risposte agli stimoli
ambientali con le componenti cognitive, le quali sono mediate dalle regioni dorsale e posteriore del cingolo.
L’iperattivazione della regione rostrale nella depressione dipenderebbe dal suo intervento per cercare di
elaborare il conflitto tra lo stato affettivo di un soggetto depresso e le risposte che il contesto ambientale
richiede. Il giro cingolato anteriore stimola poi il lobo frontale ad intervenire nell’ulteriore elaborazione del
conflitto, ma a causa dell’ipoattività frontale (documentata dagli studi di neuroimaging funzionale) il
conflitto affettivo non viene risolto e la depressione continua.
• Riguardo l’ippocampo, studi morfometrici mediante RM hanno dimostrato una riduzione del volume e
studi con la PET una riduzione del metabolismo. Poichè modificazioni strutturali e funzionali
dell’ippocampo sono state documentate in seguito a una condizione cronica di ipercortisolemia, il riscontro
di livelli elevati di cortisolo durante episodi depressivi ha portato ad ipotizzare nella depressione una
Maddalena Malanchini Sezione Appunti
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