Memoria e storia nel cinema europeo del'900
Fin dai suoi esordi un luogo comune del cinema è il rimpianto dei giorni che abbiamo perduto. Al di la del ricordo sentimentale, la nostalgia ha assunto un diverso aspetto quando è stata intesa come rimpianto di un periodo indubbiamente disastroso: gli italiani nei confronti del fascismo sono stati sia affascinati, sia ironici. La Francia ha concentrato l’attenzione su un periodo storico intollerabile, l’occupazione nazista. Pur ammettendo che il popolo moriva da fame e gli ebrei e i resistenti erano minacciati dalla polizia, i film non potevano evitare di descrivere la malia del secolo. La critica ha coniato l’espressione epica retrò, per definire la retrogradazione nel tempo che i registi hanno usato per sedurre gli spettatori abbellendo un passato oscuro.
L’Inghilterra ha partecipato alla moda, ma aggiungendo allo struggimento un tocco ancor più strano. Intrappolati sotto un cielo grigio, disegnati nella nebbia e nello smog, i suoi personaggi cinematografici non avevano storie d’amore.
Eccetto la Germania il cinema europeo ha vagheggiato la prima metà del secolo, quando le narrazioni erano ancora nazioni, quando l’inglesità o italianità avevano ancora significato.
Se il rimpianto del passato ha accomunato tutte le epoche, gli anni 70 e 80 si sono distinti per la decadenza del cinema che, confrontato con una televisione interessata soprattutto ai problemi attuali, ha finito per assumere su di se il lutto, ma lo ha elaborato in modo equivoco. Il cinema, forse perché aveva perso importanza ed era stato messo da parte, è stato un parametro eccezionale per misurare la riluttanza degli europei a entrare in Europa.
Per la Germania sarebbe stato difficile idealizzare il passato. Dopo due decenni di quasi assoluto silenzio, la Germania guardava di nuovo al nazismo, e il cinema cominciò a presentare gli effetti diretti di Hitler e a descrivere la rovina della guerra. I film storici tedeschi devono essere studiati alla luce delle polemiche scoppiate in Germania alla fine degli anni 60. Una nuova generazione, nata dopo il 1945, denunciò l’inadeguatezza della storia classica, che aveva sempre rifiutato qualsiasi esame del periodo nazista.
La televisione con le sue evocazioni attentamente ricostruite dei destini individuali, non facilita il ritorno, ed è stato quindi il cinema a liberare un passato nascosto e a svelare due diversi tipi di rimozione. In Germania il nazismo è riapparso violentemente. Proprio in quanto occultato dal discorso dominante, indusse i registi a eliminare qualunque forma di rievocazione storica. Negli altri paesi, soprattutto in Inghilterra, la storia è stata strumentalizzata, al fine di distogliere l’attenzione dalle paure scatenate dall’improvviso declino delle tradizioni nazionali. Qui il discorso sul passato è stato soprattutto un modo per nascondere i problemi più urgenti e non vi fu un attacco diretto alla metodologia della storia.
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Autore:
Laura Righi
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- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Cinema e studi culturali
- Docente: Michele Fadda
- Titolo del libro: Cinema e identità europea
- Autore del libro: Pierre Sorlin
- Editore: La nuova Otalia
- Anno pubblicazione: 2011
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