Clausola risolutiva espressa
I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.
Perché che la clausola risolutiva sia efficace, è necessario che le parti facciano espresso riferimento all’automatico scioglimento del contratto, come conseguenza dell’inadempimento di una specifica prestazione e non di qualsiasi inadempimento genericamente individuato.
Per quanto concerne l’intensità dell’inadempimento, nella risoluzione di diritto l’apprezzamento sulla gravità viene fatto preventivamente dalle parti, la cui libertà è limitata dalle norme inderogabili che fissano l’entità dell’inadempimento per alcuni tipi di contratto.
L’art. 1456 c.c. prevede che la risoluzione “si verifica di diritto”, ma l’effetto risolutorio non si produce automaticamente al momento dell’inadempimento, essendo “necessario che la parte interessata dichiari all’altra che intende valersi della clausola risolutiva”.
La dichiarazione di avvalersi della clausola è un negozio unilaterale recettizio ed informale.
La legge non prevede un termine entro il quale il creditore deve dichiarare di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa; la giurisprudenza ritiene che di fronte all’inadempimento del debitore, la tolleranza del creditore non lo privi della facoltà di avvalersi della clausola, appalto che l’inerzia non sia tale da indurre la controparte a confidare nella rinunzia ad avvalersi della clausola risolutiva.
La dichiarazione è preclusa dalla rinuncia della parte che ne è legittimata.
È utile un confronto con la condizione risolutiva.
Il legislatore ha previsto per la condizione risolutiva norme che non trovano riscontro nella disciplina della clausola risolutiva espressa: si pensi alla disposizione relativa al comportamento che le parti devono tenere nello stato di pendenza, o a quella che attribuisce a colui che ha trasferito un diritto sottoposto a condizione risolutiva, il diritto di compiere atti conservativi.
Nel confronto con la caparra confirmatoria, la disciplina della clausola risolutiva non presuppone che vi sia una somma di denaro o una quantità di cose fungibili “che una parte dà all’altra” e che deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta, in caso di inadempimento.
Nel caso della caparra confirmatoria, inoltre, i presupposti della risoluzione sono la gravità e l’imputabilità dell’inadempimento delle prestazioni derivanti da contratto e non quelli specificamente individuati dalle parti contraenti.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Civile, a.a. 2007/2008
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