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La conversione e la conferma nella disciplina dei contratti


Il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente e non può produrre, quindi, i suoi effetti tipici (art. 1423 c.c.).
Le norme che prevedono una apparente sanatoria dell’anomalia o del vizio esprimono, a ben vedere, una logica diversa.
La conferma e l’esecuzione volontaria producono l’unico effetto della perdita (per chi confermi o esegua) della possibilità di far valere la nullità, e le conseguenze che si producono non dipendono né da quegli atti che restano invalidi, né dalla conferma o dall’esecuzione, ma direttamente dalla legge.
Il contratto nullo può, invece, essere oggetto di conversione.
Anche in tal caso non produce i suoi effetti, ma quelli di un contratto diverso, se ricorrono le condizioni indicate nell’art. 1424 c.c.
La legge prevede che il negozio nullo possa produrre gli effetti di un negozio diverso, qualora la fattispecie contenga i requisiti di sostanza e di forma di quel negozio e quando, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, in base ad un giudizio obiettivo ed equilibrato, si possa ritenere che esse avrebbero voluto il negozio diverso se avessero conosciuto la nullità dell’atto che in realtà hanno concluso (l’atto pubblico ricevuto da un pubblico ufficiale non competente è nullo, ma se è sottoscritto dalle parti varrà come scrittura privata).
Del tutto diversa è invece l’ipotesi di rinnovazione del contratto, che si ha allorché le parti decidono di concludere un nuovo contratto che sostituirà quello affetto da nullità.
Non si ha qui né eliminazione del vizio né conversione, ma solo conclusione di un diverso e nuovo contratto.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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